martedì 30 luglio 2013

Dopo un anno nulla è cambiato

Un anno fa pubblicavamo su "L'Informazione" l'articolo che riportamo qui sotto. Dodici mesi sono trascorsi ma nulla è stato fatto e quidi l'articolo di particolare attualità. La politica ha dimostrato ancora una volta di essere brava sole con le parole e paroloni, bei discorsi e frasi fatte, ma quando si tratta di fare le cose nel concreto tutti spariscono. “Dormitorio Pubblico”. Qui manca totalmente la politica Busto e i Lions Nel giro di pochi giorni anche l’estate 2012 diventerà un ricordo, il suo caldo, il cielo sereno, le notti stellate durante le quali era piacevole passeggiare e anche addormentarsi su una panchina, diventeranno un mero ricordo. Inizierà l’autunno con le sue piogge, i suoi primi freddi e, come d’incanto, saremo a Natale con la neve, il gelo e il vento che entra nelle ossa. Per le persone normali queste sono situazioni che si ripetono di anno in anno, che si affrontano con abiti e cappotti di lana, vivendo in case riscaldate. i sono però delle persone che non hanno tutto questo perché non se lo possono permettere o perché hanno deciso di vivere in un modo diverso da quello che per noi rappresenta la normalità. L’inverno è certamente il periodo peggiore per queste persone che si trovano a combattere con il loro peggior nemico: il freddo! Ci riferiamo ai senza tetto, a chi non ha un casa, a chi dorme su una panchina o in un tugurio coprendosi con i cartoni, persone che vivono la loro vita così come l’hanno scelta o come sono stati spinti a fare dalle avversità della vita. Busto, l’opulenta Busto, la Busto dove il lavoro sembra non mancare mai, dove i conti correnti sono pingui e la maggior parte delle famiglie vive in una casa di proprietà, sembra non accorgersi che questo fenomeno sta crescendo da anni anche entro i suoi confini. Quando eravamo giovani a Busto viveva un cosiddetto “barbone” amato da tutti, si chiamava Orfeo se ben ricordiamo, viveva grazie alla raccolta del cartone e del ferro vecchio che vendeva e i soldi che riceveva li spendeva in un’osteria Matteotti. Non aveva un posto fisso dove dormire ma i Bustocchi, col loro calore, gli davano ospitalità, un vestito, un pasto caldo. Oggi di Orfeo ce ne sono molti di più, ma quello che è brutto è che i Bustocchi sembrano non essere più sensibili e disponibili come in passato. Queste persone vengono guardate con sospetto e con disprezzo perché in molti non capiscono come una persona possa “ridursi” a vivere in questo modo. Chi ha un pasto caldo, una casa dove vivere, una famiglia vicina, spesso non comprende che le avversità della vita possono portare a simili situazioni. I nuovi senzatetto non sono solo coloro che per una loro scelta decidono di vivere sotto le stelle, come il famoso popolo dei “figli dei fiori” che tra gli anni ’60 e ’70 sceglievano di vivere i primi anni della loro giovinezza in completa libertà sotto una tenda o in un sacco a pelo, ma sono persone che hanno perso il posto di lavoro o la loro famiglia, come ad esempio i mariti separati che si trovano senza una casa e devono rivolgersi alla mensa dei poveri per mangiare, senza alcun aiuto da parte della comunità. Quando una persona prende 1.000 euro al mese, deve pagare 400 euro di assegni alimentari per i figli e per la moglie, si trova fuori casa senza nulla, vivere diventa particolarmente difficile. A Busto i senzatetto sono molti anche se il numero è limitato rispetto alla popolazione. Queste persone fortunatamente hanno chi pensa a loro, chi tutte le sere fornisce loro assistenza, portando un pasto caldo o una coperta, cercando di rendere migliore la loro vita. L’associazione Volare sta svolgendo da tempo una meritoria opera di coordinamento che ha già dato i suoi risultati, coinvolgendo le realtà di volontariato che sono disponibili ad aiutare queste persone. L’aiuto però non si limita solo a dare qualcosa di concreto a questi soggetti, ma dà loro anche un’assistenza medica e, quello che più conta, fa capire a queste persone che vi è qualcuno che vuole loro bene, che rispetta la loro decisione di vivere in un modo diverso, che non li obbliga a fare cose che loro non vogliono. I Lions della zona si sono coordinati per trovare le somme necessarie per ristrutturare un immobile da destinare a dormitorio in aggiunta alle strutture parrocchiali e di volontariato che operano nel nostro territorio. Purtroppo qui manca totalmente la politica! Nonostante sia decorso oltre un anno e mezzo da quando l’idea del dormitorio è nata, la nostra amministrazione non ha ancora fatto nulla, non ha preso una decisione, non ha messo a disposizione un immobile idoneo allo scopo. Punto di ritrovo dei senzatetto, da sempre in ogni città, è la stazione ferroviaria e questo accade anche a Busto dove fortunatamente un funzionario benevolo delle Ferrovie dello Stato lo scorso anno ha permesso che la sala d’aspetto della stazione fosse trasformata in un dormitorio, mantenendo i termosifoni accesi e questo ha permesso di affrontare la situazione in modo agevole. La speranza è che questa situazione si ripeta anche per il prossimo inverno. Quello che si sta cercando di avere in comodato il vecchio deposito delle biciclette che può essere ristrutturato e destinato a dormitorio con assistenza medica, docce, una piccola mensa e quant’altro può servire per ospitare questi senzatetto che ormai a Busto hanno raggiunto il numero di qualche decina di persone. Qualcuno ha affermato che i bagni della stazione sono disastrati per colpa dei senzatetto: niente di più sbagliato! Queste persone tutelano il posto dove vanno a dormire perché sanno che è l’ultima loro spiaggia. Chi compie opere di distruzione e di vandalismo sono dei deficienti con un’età media di 20 anni, che non sapendo cosa fare non solo distruggono il bagno della stazione, dipingono tutto con scritte e disegni incomprensibili, dimostrando la loro demenza, ma a volte pongono in essere gesti anche inumani nei confronti dei senzatetto anche se fortunatamente questo non si è mai verificato nella nostra città. Quello che occorre fare è dare un segnale preciso perché questo inverno chi non ha una dimora possa avere una assistenza precisa e puntuale. Busto non deve fare la fine della leghista Varese dove, dopo la morte di un senzatetto, nel giro di 10 giorni è stato aperto un dormitorio. A Busto non vi deve essere nessuno che possa morire di freddo perché se questo dovesse succedere rappresenterebbe la sconfitta della nostra città, dei suoi ideali, della sua storia. da "L'informazione" settembre 2012

martedì 23 luglio 2013

Una morte assurda

Quando ho saputo dell’aggressione armata fatta nei confronti di Laura Prati e del suo vice Iametti, sono rimasto allibito in quanto mai avrei pensato che una persona come Laura potesse avere dei nemici.
Lei non lo sapeva, ma aveva un nemico che aveva deciso di ucciderla e lo ha fatto!
Ora si invocheranno le attenuanti, l’incapacità di intendere e di volere e così di seguito, ma chi ha commesso un crimine così assurdo merita solo la pena massima che il Codice Penale prevede.
Non si può togliere la vita ad una persona per nessun motivo, ma i motivi che hanno portato l’aggressore a colpire a morte Laura sono talmente inconsistenti che non possono esserci scusanti né motivazioni che possono essere addotte.
Ho conosciuto a fondo Laura durante la campagna elettorale per le elezioni regionali del 2010, abbiamo passato, fianco a fianco, 30 giorni entusiasmanti durante i quali, pur sapendo di non avere alcuna chance di vincere, avevamo deciso di fare la nostra battaglia e, nel contempo, di divertirci.
Mi ricordo che a Laura, quando entravano in sala quelli che erano predestinati a vincere le elezioni, dicevo: “noi siamo i peones” e Laura col suo radioso sorriso mi dava una pacca sulla schiena, e divertita dalla mia frase, mi diceva di non scherzare.
I suoi interventi sono sempre stati puntuali, punzecchianti, le sue idee all’avanguardia.
Era un punto di riferimento per tutti coloro che facevano la politica non per raggiungere un traguardo di prestigio, ma perché amavano la politica di per sé, amavano il servizio fatto per i cittadini e Laura ne era l’esempio.
Togliere la vita ad una persona così fatta, rappresenta un doppio crimine perchè di persone come Laura ne nasce una ogni 200 anni.

sabato 13 luglio 2013

Hanno deciso di vendere la Torre di Pisa


Il PDL ha elaborato una proposta innovativa per ridurre il deficit pubblico: vendere tutto ciò che è di proprietà dello Stato!
Sono decine di miliardi di euro di beni immobili che i nostri genitori, nonni, bisnonni e trisnonni hanno acquistato e messo tra i risparmi della nostra benamata Italia.
Ora vogliono vendere tutto, almeno gran parte di tali beni e tutto quello che non troverà un acquirente, verrà ceduto ad una Società di proprietà di banche, assicurazioni e similari, che emetteranno delle obbligazioni che, almeno così sembra, verranno vendute e con il ricavato verrà pagato lo Stato.
In questo modo i nostri figli e i nostri nipoti si troveranno con uno Stato che non sarà proprietario praticamente più di nulla.
Ci auguriamo che non vendano anche la Torre di Pisa!
Il Colosseo non è in vendita in quanto farebbe perdere di valore il famoso appartamento che era stato regalato a Scaiola, che non avrebbe più la vista sul Colosseo stesso.
Ma in questo modo non si risolve certamente il problema del debito pubblico; questo è un problema che può essere risolto solo riducendo le spese e non svendendo fuori tutto.
E necessario che i nostri politici si diano una mossa e non inventino solo riforme a costo zero, ma inizino a tagliare ad esempio tra i dipendenti pubblici dove effettivamente vi è un sovraffollamento, si pensi ad esempio alle Guardie Forestali che sono a decine di migliaia e che costano centinaia di milioni di euro all’anno senza un ritorno effettivo.
E gli esempi potrebbero essere molti.

giovedì 11 luglio 2013

STA ANDANDO ALLO SFASCIO!



L’ultima sceneggiata verificatasi ieri in Parlamento ha dato una bruttissima impressione del Partito Democratico che si è trovato diviso su tutto, tutti contro tutti, non un’idea, non una propositività, si vogliono solo far prevalere i personalismi.
La decisione della Cassazione di fissare l’udienza del 30 di luglio per discutere il processo Mediaset contro Berlusconi ha scatenato le ire del PDL che ha chiesto la sospensione dei lavori in aula.
Non entriamo nel merito se era giusto sospenderlo o meno.
Quello che lascia allibiti è il comportamento tenuto dai parlamentari del PD i quali sono riusciti a dividersi anche su questo e si è arrivati allo scontro fisico con i grillini.
In un momento in cui il M5S sta perdendo colpi, una sceneggiata come quella che si è vista ieri in parlamento fa acquisire voti a questo movimento che, nonostante tutte le magagne che ha, messo in contrapposizione con il PD sta sicuramente conquistando voti.
La diatriba tra Renzi e tutti gli altri sta distruggendo il PD.
Una volta le correnti avevano dei riferimenti a nomi che evocavano principi sacrosanti con riferimento alla Democrazia, alla partecipazione e a quant’altro.
Oggi invece siamo arrivati alle correnti personali: la corrente di Bersani, la corrente di D’Alema, la corrente di Franceschini, la corrente di Renzi.
Il passaggio successivo sarà quello che il PD si trasformerà in un partito personale e troveremo scritto il nome del leader del momento sotto il suo simbolo?
Quando giungerà quel momento saranno in molti ad abbandonare il PD in quanto il PD è portatore di idee innovative e, in alcuni casi anche rivoluzionarie.
Ma come al solito le idee e le rivoluzioni sono fatte dagli uomini e se mancano gli uomini questo nulla si muove.
Speriamo che il PD vada al congresso al più presto possibile e che all’esito di questo congresso ne emerga un partito unito.
Bisogna tornare ai momenti in cui nei partiti, Democrazia Cristiana docet, litigavano ferocemente al loro interno, ma poi all’esterno ciascuno teneva la barra dritta su quello che era stato deciso.
Se non si ritorna a questo modo di fare politica, lo sfacelo sarà assoluto.

mercoledì 10 luglio 2013

L'omelia di Papa Francesco a Lampedusa



L'omelia di ieri a Lampedusa....

«Chi ha pianto per i migranti morti? No alla globalizzazione dell'indifferenza»?

Immigrati morti in mare, da quelle barche che invece di essere una via di speranza sono state una via di morte.

Così il titolo dei giornali. Quando alcune settimane fa ho appreso questa notizia, che purtroppo tante volte si è ripetuta, il pensiero vi è tornato continuamente come una spina nel cuore che porta sofferenza.

E allora ho sentito che dovevo venire qui oggi a pregare, a compiere un gesto di vicinanza, ma anche a risvegliare le nostre coscienze perché ciò che è accaduto non si ripeta. Non si ripeta per favore. Prima però

vorrei dire una parola di sincera gratitudine e di incoraggiamento a voi, abitanti di Lampedusa e Linosa, alle associazioni, ai volontari e alle forze di sicurezza, che avete mostrato e mostrate attenzione a persone nel loro viaggio verso qualcosa di migliore. Voi siete una piccola realtà, ma offrite un esempio di solidarietà! Grazie!

Grazie anche all’Arcivescovo Mons. Francesco Montenegro per il suo aiuto, il suo lavoro e la sua vicinanza pastorale. Saluto cordialmente il sindaco signora Giusi Nicolini, grazie tanto per quello che lei ha fatto e che fa. Un pensiero lo rivolgo ai cari immigrati musulmani che oggi, alla sera, stanno iniziando il digiuno di Ramadan, con l’augurio di abbondanti frutti spirituali. La Chiesa vi è vicina nella ricerca di una vita più dignitosa per voi e le vostre famiglie. A voi: o’scià!

Questa mattina, alla luce della Parola di Dio che abbiamo ascoltato, vorrei proporre alcune parole che soprattutto provochino la coscienza di tutti, spingano a riflettere e a cambiare concretamente certi atteggiamenti.

«Adamo, dove sei?»: è la prima domanda che Dio rivolge all’uomo dopo il peccato. «Dove sei Adamo?». E Adamo è un uomo disorientato che ha perso il suo posto nella creazione perché crede di diventare potente, di poter dominare tutto, di essere Dio. E l’armonia si rompe, l’uomo sbaglia e questo si ripete anche nella relazione con l’altro che non è più il fratello da amare, ma semplicemente l’altro che disturba la mia vita, il mio benessere. E Dio pone la seconda domanda: «Caino, dov’è tuo fratello?». Il sogno di essere potente, di essere grande come Dio, anzi di essere Dio, porta ad una catena di sbagli che è catena di morte, porta a versare il sangue del fratello!

Queste due domande di Dio risuonano anche oggi, con tutta la loro forza! Tanti di noi, mi includo anch’io, siamo disorientati, non siamo più attenti al mondo in cui viviamo, non curiamo, non custodiamo quello che Dio ha creato per tutti e non siamo più capaci neppure di custodirci gli uni gli altri. E quando questo disorientamento assume le dimensioni del mondo, si giunge a tragedie come quella a cui abbiamo assistito.

«Dov’è il tuo fratello?», la voce del suo sangue grida fino a me, dice Dio. Questa non è una domanda rivolta ad altri, è una domanda rivolta a me, a te, a ciascuno di noi. Quei nostri fratelli e sorelle cercavano di uscire da situazioni difficili per trovare un po’ di serenità e di pace; cercavano un posto migliore per sé e per le loro famiglie, ma hanno trovato la morte. Quante volte coloro che cercano questo non trovano comprensione, non trovano accoglienza, non trovano solidarietà! E le loro voci salgono fino a Dio! E una volta ancora ringrazio voi abitanti di Lampedusa per la solidarietà. Ho sentito, recentemente, uno di questi fratelli. Prima di arrivare qui sono passati per le mani dei trafficanti, coloro che sfruttano la povertà degli altri, queste persone per le quali la povertà degli altri è una fonte di guadagno. Quanto hanno sofferto! E alcuni non sono riusciti ad arrivare.

«Dov’è il tuo fratello?» Chi è il responsabile di questo sangue? Nella letteratura spagnola c’è una commedia di Lope de Vega che narra come gli abitanti della città di Fuente Ovejuna uccidono il Governatore perché è un tiranno, e lo fanno in modo che non si sappia chi ha compiuto l’esecuzione. E quando il giudice del re chiede: «Chi ha ucciso il Governatore?», tutti rispondono: «Fuente Ovejuna, Signore». Tutti e nessuno! Anche oggi questa domanda emerge con forza: Chi è il responsabile del sangue di questi fratelli e sorelle? Nessuno! Tutti noi rispondiamo così: non sono io, io non c’entro, saranno altri, non certo io. Ma Dio chiede a ciascuno di noi: «Dov’è il sangue del tuo fratello che grida fino a me?». Oggi nessuno nel mondo si sente responsabile di questo; abbiamo perso il senso della responsabilità fraterna; siamo caduti nell’atteggiamento ipocrita del sacerdote e del servitore dell’altare, di cui parlava Gesù nella parabola del Buon Samaritano: guardiamo il fratello mezzo morto sul ciglio della strada, forse pensiamo “poverino”, e continuiamo per la nostra strada, non è compito nostro; e con questo ci tranquillizziamo, ci sentiamo a posto. La cultura del benessere, che ci porta a pensare a noi stessi, ci rende insensibili alle grida degli altri, ci fa vivere in bolle di sapone, che sono belle, ma non sono nulla, sono l’illusione del futile, del provvisorio, che porta all’indifferenza verso gli altri, anzi porta alla globalizzazione dell’indifferenza. In questo mondo della globalizzazione siamo caduti nella globalizzazione dell'indifferenza. Ci siamo abituati alla sofferenza dell’altro, non ci riguarda, non ci interessa, non è affare nostro!

Ritorna la figura dell’Innominato di Manzoni. La globalizzazione dell’indifferenza ci rende tutti “innominati”, responsabili senza nome e senza volto.

«Adamo dove sei?», «Dov’è il tuo fratello?», sono le due domande che Dio pone all’inizio della storia dell’umanità e che rivolge anche a tutti gli uomini del nostro tempo, anche a noi. Ma io vorrei che ci ponessimo una terza domanda: «Chi di noi ha pianto per questo fatto e per fatti come questo?», Chi ha pianto per la morte di questi fratelli e sorelle? Chi ha pianto per queste persone che erano sulla barca? Per le giovani mamme che portavano i loro bambini? Per questi uomini che desideravano qualcosa per sostenere le proprie famiglie? Siamo una società che ha dimenticato l’esperienza del piangere, del “patire con”: la globalizzazione dell’indifferenza ci ha tolto la capacità di piangere! Nel Vangelo abbiamo ascoltato il grido, il pianto, il grande lamento: «Rachele piange i suoi figli… perché non sono più». Erode ha seminato morte per difendere il proprio benessere, la propria bolla di sapone. E questo continua a ripetersi… Domandiamo al Signore che

cancelli ciò che di Erode è rimasto anche nel nostro cuore; domandiamo al Signore la grazia di piangere sulla nostra indifferenza, di piangere sulla crudeltà che c’è nel mondo, in noi, anche in coloro che nell’anonimato prendono decisioni socio-economiche che aprono la strada ai drammi come questo. «Chi ha pianto?». Chi ha pianto oggi nel mondo?

Signore, in questa Liturgia, che è una Liturgia di penitenza, chiediamo perdono per l’indifferenza verso tanti fratelli e sorelle, ti chiediamo Padre perdono per chi si è accomodato e si è chiuso nel proprio benessere che porta all’anestesia del cuore, ti chiediamo perdono per coloro che con le loro decisioni a livello mondiale hanno creato situazioni che conducono a questi drammi. Perdono Signore!

Signore, che sentiamo anche oggi le tue domande: «Adamo dove sei?», «Dov’è il sangue di tuo fratello?».

Al termine della Celebrazione il Santo Padre ha pronunciato le seguenti parole: Prima di darvi la benedizione voglio ringraziare una volta in più voi, lampedusani, per l'esempio di amore, per l'esempio di carità, per l'esempio di accoglienza che ci state dando, che avete dato e che ancora ci date. Il Vescovo ha detto che Lampedusa è un faro. Che questo esempio sia faro in tutto il mondo, perché abbiano il coraggio di accogliere quelli che cercano una vita migliore. Grazie per la vostra testimonianza. E voglio anche ringraziare la vostra tenerezza che ho sentito nella persona di don Stefano. Lui mi raccontava sulla nave quello che lui e il suo vice parroco fanno. Grazie a voi, grazie a lei, don Stefano.

Papa Francesco

2013-07-09



martedì 9 luglio 2013

La rete è vera democrazia?

Gli esperti di informatica e di Internet da tempo cercano di far credere che attraverso la rete internet è possibile per i cittadini esercitare la democrazia piena e consapevole.

Per noi questa affermazione non è altro che una balla megagalattica e priva di alcun fondamento!
Le statistiche affermano che oltre il 30% della popolazione non possiede mezzi informatici e quindi è potenzialmente esclusa dalla “rete”; non solo: una buona parte dell’altro 70% è appena in grado di accendere un PC e spesso non sa usare Internet.
I patiti informatici affermano che nella rete tutti hanno il diritto di esprimersi come meglio credono.
Altra bufala!
I processi per diffamazione tramite i blog, Facebook e similari stanno aumentando e con loro aumentano le richieste di risarcimento danni.
Altro problemi sono i costi: o si acquista il “traffico” oppure lo spazio web al quale una persona chiunque può utilizzare equivale ad una scritta su un muro in una via di terzo ordine di un quartiere malfamato di estrema periferia.
Sembra che il diritto d’espressione sia di proprietà di tutti e sia facilmente esercitabile, ma così non è.
I siti permettono la pubblicazione di commenti o interventi, ma vengono pubblicati o solo quelli fanno piacere al proprietario del sito stesso? Oppure vengono pubblicati in fondo all’ultima pagina dopo molti altri commenti privi di alcun interesse.
Se questa è democrazia dell’espressione, lo dichiariamo espressamente: non abbiamo capito nulla di democrazia!
Concludendo: la rete è solo un mezzo tramite il quale si può comunicare ad una pluralità di persone, ma è anche un mezzo che permette di manipolare le notizie, di informare correttamente e non gli altri; nella sostanza è diverso dagli altri mezzi di comunicazione, ma nella sostanza non lo è, la vera ed unica differenza è quella estetica: possono essere pubblicate notizie e pensieri che sono visibili al mondo intero, ma si deve tenere presente che saranno in pochi di quel mondo a conoscere l’esistenza della tua pagina web, fatto salvo il caso che non si posseggano di notevoli risorse economiche.
Se ci si accontenta dell’illusione, “la rete è democrazia”, se si è realisti ci si rende conto che la Democrazia, quella con la D maiuscola è ben altra cosa.

giovedì 4 luglio 2013

Compro oro e slot machines

A Busto, come in molte altre città, ci sono due fenomeni che si ampliano a dismisura, dimostrando che quando vi è la crisi economica e la povertà aumenta, la gente letteralmente “rincretinisce” e pone in essere azioni che mai avrebbe posto in essere quando viveva nel benessere economico.
Ci riferiamo al moltiplicarsi dei negozi “compro oro” e all’apparire in ogni angolo di qualsiasi bar delle slot machines e di altri aggeggi infernali che hanno come unico scopo quello di rubare soldi alla gente, che già ne ha pochi e spesso di distruggere le famiglie.
Nel primo caso siamo di fronte al fatto che si sta raschiando il fondo del barile, in quanto vi sono molte famiglie che stanno vendendo i gioielli che avevano acquistato o ricevuto in regalo o ereditati nel corso degli anni, per poter far fronte alle necessità che la crisi sta creando ogni giorno.
Purtroppo non succede solo questo ma, come mi è accaduto purtroppo di constatare in alcune pratiche che ho avuto occasione di seguire personalmente nel corso della mia attività di avvocato, incominciano a verificarsi anche piccoli furti da parte dei componenti della famiglia, che si appropriano di catenine, orecchini, anelli, per poi andarli a vendere in questi negozi che proliferano in ogni dove, promettendo di pagare prezzi esorbitanti per ogni grammo di oro che comperano da questi disperati.
Ovviamente quando sparisce un monile, molti pensano che sia stato smarrito e sperano di trovarlo in qualche cassetto, tra un lenzuolo e l’altro dove erano stati nascosti ma, facendo anche un trasloco completo di casa, questi gioielli non riappariranno mai più in quanto nel frattempo saranno stati fusi a Valenza!
E questi furti vengono posti in essere un po’ da tutti: dai figli alle mogli, dai mariti, ai parenti prossimi, in alcuni casi anche dalle colf che avendo le necessità economiche di avere subito della liquidità o, comunque, vedendo un facile e pronto guadagno, si appropriano dei gioielli dei propri congiunti e se li vanno a vendere in questi negozi “compro oro”.
Nel centro della città stanno per aprire, fatto salvo che l’Amministrazione Comunale non intervenga “a muso duro”, altri due negozi a distanza di pochi metri dalla Chiesa di Santa Maria, il che rappresenta anche un oltraggio a questa Chiesa che non dovrebbe avere nelle vicinanze negozi che esercitano attività di questo genere.
L’altro fenomeno è quello delle slot machines.
Nella nostra città ci sono ben 10 sale giochi, ci sono decine di negozi, bar e similari che al proprio interno hanno anche quelle macchinette, che noi denominiamo “ruba soldi”, alle quali accedono un po’ tutti.
E queste macchinette sono in gran numero, in città se ne possono contare oltre 600!
Oggi riuscire a capire che un ragazzo ha 18 anni e un giorno, oppure ne ha 16 diventa particolarmente difficile, fatto salvo che non gli si vada a chiedere la carta d’identità per cui, sia pur nella perfetta onestà, parecchie volte i gestori di questi esercizi commerciali permettono a minorenni di giocare con queste macchinette, in quanto li credono maggiorenni, violando la legge.
Il fenomeno del gioco, che ormai è considerata una vera malattia chiamata “ludopatia”, è in forte aumento e sta creando costi alla collettività per la loro cura di miliardi di euro.
E’ un fenomeno che è sempre esistito in quanto il gioco, così sostiene qualcuno, è insito nel DNA di molte persone ed è nato con l’uomo.
Sempre nell’esercizio della mia professione ricordo una Signora di settant’anni che voleva separarsi dal marito il quale, prendendo una pensione di € 800,00 se li andava a giocare al superenalotto, giocando tutte schedine da un euro e quando ho mostrato la mia perplessità nel credere a quanto mi veniva raccontato, la Signora ha tirato fuori un sacchetto del GS nel cui interno vi erano pacchi di schedine di superenalotto e mi ha invitato a contarle perché erano oltre 700!
Vi chiederete per quale motivo erano tutte da un euro?
La risposta è molto semplice: il marito di questa Signora era convinto che la fortuna fosse maggiore giocando tante schedine da un euro e riteneva che giocando schedine da 10 o più euro la fortuna fosse minore.
E’ proprio vero che la stupidità umana non ha limiti di sorta.
Ed è per questo motivo che ho interessato l’Amministrazione Comunale in relazione a questi due fenomeni, chiedendo un intervento preciso per limitare il proliferare dei negozi “compro oro” e l’aumento del numero delle slot machines nella nostra città.
Per quest’ultimo fenomeno ho proposto al Consiglio Comunale che lo ha approvata una “carta” che premia gli esercizi commerciali che al loro interno non hanno la presenza di slot machines, proponendo di costituire un albo da pubblicare sul sito del Comune, dando anche della pubblicità per questi esercizi, Albo nel quale saranno iscritti tutti coloro che si atterranno a questa “carta” che, per chi ha pazienza di leggerlo, troverà in calce al presente articolo.
A questo punto vi deve essere un intervento non solo dell’Amministrazione Pubblica la quale però ha ben pochi poteri, ma in principal modo dei famigliari di questi soggetti in quanto solo con un intervento preciso da parte di questi ultimi si potrà fare in modo che il fenomeno della vendita dei gioielli di famiglia e il fenomeno del giocarsi i soldi alle slot machines venga, non si dice eliminato perché questo sarà impossibile farlo, ma quanto meno contenuto e limitato.
Diversamente le famiglie continueranno a diventare più povere e la crisi economica le ridurrà sul lastrico, in quanto se le persone vanno a spendere gli ultimi pochi euro rimasti in queste facezie o “fanno fuori” il patrimonio famigliare vendendo i gioielli di famiglia, vuol dire che anche il fondo del barile ormai è stato raschiato.

(L'informazione maggio 2013)