mercoledì 29 febbraio 2012

Ladri e fannulloni.

Lo scontro verbale tra le due lady di ferro, la signora Marcegaglia, presidente Confindustria, da una parte e la signora Camusso, leader della CGIL, dall’altra, ha alzato nuovamente i toni del confronto politico sul tema del lavoro.
Marcegaglia ha affermato che “i sindacati tutelano i ladri e i fannulloni”, e la Camusso le ha subito risposto chiedendo “quali sindacati proteggono i ladri ed i fannulloni”.
Come sempre la verità sta nel mezzo.
Chi svolge un’attività come quella del sottoscritto è a conoscenza di molti casi in cui, tramite i cosiddetti “legali dei sindacati” vengono impugnati licenziamenti di pseudo lavoratori che, con il loro comportamento, danneggiano i veri lavoratori.
Non vogliamo citare i recenti esempi di persone sorprese a giocare a carte, ma potremmo citare tanti casi di persone che, anziché lavorare, facevano ben altro, di lavoratrici che in malattia hanno partecipato a sfilate di moda o a concorsi di bellezza, e si sono fatte pubblicità su face book, di dipendenti che colpevolmente hanno arrecato danni per centinaia di migliaia di euro all’azienda, di altri che gestivano dall’ufficio la contabilità dell’azienda di famiglia, i loro licenziamenti sono stati impugnati dai legali del sindacato e il giudice ha annullato il licenziamento, obbligando il datore di lavoro a riassumerli, pagando fior di quattrini.
Casi di questo genere non sono isolati, ve ne sono molti.
Forse sarebbe opportuno che i sindacati, prima di impugnare un licenziamento sentano e valutino bene le “due campane” e dall’altra parte che i datori di lavoro prima di licenziare una persona valutino bene le ragioni del proprio dipendente.
È ovvio però che se un imprenditore scopre che un proprio dipendente che è in malattia partecipa ad un concorso di bellezza, forse un po’ di rabbia potrebbe legittimamente averla.
In ogni caso chi è più danneggiato da questi comportamenti non è il datore di lavoro, ma sono i lavoratori onesti che sono il 99,99% che, a causa di propri colleghi scorretti, devono lavorare anche per loro, supplire alle loro assenze per falsa malattia e a volte vanno dal loro datore di lavoro e gli dicono: “E’ giusto che io prenda lo stesso stipendio del mio collega di lavoro che è sempre a casa in malattia e quando è sul posto di lavoro legge il giornale?”

venerdì 24 febbraio 2012

I Tedeschi possono insegnarci molto

Woolf, Presidente del Parlamento tedesco, ha rassegnato le dimissione dopo che è emerso che alcuni anni fa aveva ottenuto un finanziamento di € 500.000 ad un tasso molto basso, sfruttando la sua carica politica.
Nel frattempo il mutuo era stato restituito, ma nel momento stesso in cui la notizia è stata resa pubblica, Woolf ha rassegnato immediatamente le dimissioni in quanto la sua azione era moralmente incompatibile con la carica che ricopriva.
Questo ha creato uno scossone politico in Germania e la Cancelliera Merkel, suo malgrado, ha accettato le dimissioni e ha proceduto la sostituzione del suo fidato Woolf.
In Italia è un’altra storia.
In primo luogo non abbiamo parlamentari che si abbassano a farsi concedere dei mutui a tasso agevolato risparmiando l’1% sul tasso di interesse, perché noi certe cose non le facciamo, al massimo ci facciamo regalare direttamente l’appartamento, così non c’è il problema del mutuo e degli interessi.
E quando si scopre il regalo ricevuto, si afferma che il regalo è stato accettato per non offendere l’amico generoso in quanto il regalo era da rifiutare, perché aveva per oggetto un appartamento con vista Colosseo, che è quel rudere che da secoli disturba la vista agli abitanti dello stabile che è stato costruito trent’anni fa che è un altro rudere.
È proprio vero noi Italiani siamo diversi dai Tedeschi e i Tedeschi non hanno nulla da insegnarci

venerdì 17 febbraio 2012

Meno armi più opere pubbliche

Il provvedimento che più abbiamo apprezzato del Governo Monti è quello relativo alla riduzione del numero di caccia bombardieri che il precedente Governo aveva deciso di acquistare permettendo il risparmio di un terzo dell’importo complessivo.
Che cosa se ne faccia comunque l’Italia di 90 caccia bombardieri è una domanda alla quale non siamo in grado di dare una risposta.
Quello che è certo è che i miliardi di euro risparmiati potranno essere destinati per opere pubbliche di cui la nostra Nazione ha estrema necessità.
E per opere pubbliche ovviamente non ci riferiamo al ponte sullo Stretto, ma a tante altra infrastrutture che da anni i cittadini reclamano e che non possono essere iniziate o ultimate per mancanza di denaro.
La scelta di ridurre i caccia bombardieri e il personale destinato alla difesa è una scelta oculata e con i soldi potranno essere costruiti gran parte degli asili-nido che mancano in Italia o adeguate oltre 13.000 scuole alle norme vigenti in tema di sicurezza e rispetto delle norme energetiche.
Come si può vedere la teoria meno armi più opere è sicuramente vincente.
Il progetto di difesa che si basa sugli F35 e altri aerei era stato pensato all’epoca della guerra fredda, studiato dopo la caduta del “muro” e messo in realizzazione praticamente tre o quattro anni fa; i tempi sono biblici, nel frattempo il mondo è cambiato e certe modalità di difesa non sono più attuali.
L’Italia non ha fatto altro che adeguarsi a quanto hanno già fatto l’Inghilterra, l’Australia e il Canada, che hanno sospeso per almeno tre anni ogni decisione in merito all’adeguamento delle loro strutture militari.
L’acquisto di aerei per avere in cambio qualche migliaio di posti di lavoro è uno scambio che non riusciamo a capire in quanto con quanto risparmiato con gli F 35 si possono aprire centinaia di cantieri garantendo migliaia posti di lavoro e producendo beni a favore della collettività e non beni che portano solo morte.
L’unico campo di battaglia nel quale l’Italia deve confrontarsi è quello economico dove avrà a che fare con i tedeschi, i francesi, gli inglesi, i cinesi,e chi più ne ha ne metta che, con la loro capacità economiche tentano di superare le imprese italiane.
È con l’economia che oggi si vince la guerra, non certamente con trenta F35 in più.

giovedì 9 febbraio 2012

Svuota carceri

È stato denominato “svuota carceri” il decreto proposto dal Ministro Cancellieri e tendente a ridurre il numero dei detenuti nelle carceri italiane.
Il governo, anche per evitare i franchi tiratori (sono quei Parlamentari che dichiarano di essere d’accordo con il governo ma, nel segreto dell’urna, votano contro solo per fare dispetto a qualcuno, dimostrando la loro intelligenza politica e il loro coraggio), ha deciso di porre la fiducia.
La Lega è insorta in quanto la fiducia non deve essere posta, dimostrando, come al solito, di avere una memoria molto corta in quanto fino a due mesi fa assieme al Pdl poneva la fiducia su qualsiasi argomento, compreso anche l’approvazione del regolamento della dimensione dei cetrioli.
Nel merito del provvedimento riteniamo che lo stesso il solito sistema “all’italiana” di risolvere i problemi.
L’affollamento delle carceri può essere risolto in un solo modo: costruendo nuove carceri e non facendo uscire quelli che in carcere ci devono stare.
Quello che manca in Italia è la certezza della pena.
L’Italia è l’unico paese al mondo prima del processo si passano mesi in carcere, per non dire anni, ma una volta che vi è la sentenza di condanna, in carcere ce ne finiscono e/o ce ne restano ben pochi.
In ogni caso il problema è serio e deve essere affrontato.
Se il provvedimento finale sarà quello che prevede che la parte finale della pena possa essere espiata agli arresti domiciliari o prestando attività lavorativa, la cosa può anche essere accettata.
Il problema è che, come è successo quando è stato approvato il mini-indulto nel 2006, vi sia qualche idiota di detenuto che pur essendo agli arresti domiciliari commette dei reati, e questo sicuramente capiterà in quanto il fatto stesso che uno commetta dei reati vuol dire che qualche problema lo deve avere.
È sicuramente inumano ed incivile che in una cella destinata a due detenuti, ve ne siano più di dieci.
Se il carcere deve essere rieducativo, in questo modo di rieducazione non ve n’è.

sabato 4 febbraio 2012

Se è un ladro deve andare in galera!

Il caso del senatore Lusi, ex tesoriere della Margherita, ha lasciato allibiti i simpatizzanti della gloriosa Margherita, ed anche chi aveva un’idea politica diversa.
I fatti contestati sono gravissimi: 13 milioni di euro che erano il tesoro della Margherita sono spariti e sembra che a farli sparire sia stato proprio Lusi.
Le domande che si pongono sono semplici:
1° come mai la Margherita, che non esiste più, aveva ancora tutti questi milioni di euro in cassa? Come pensava di utilizzarli?
2° di fronte ad accuse così gravi che sembrano essere fondate, si può avere ancora il coraggio di frequentare il Parlamento e prendersi il lauto stipendio?
Alla seconda domanda non possiamo dare una risposta in quanto è una questione morale e una persona che compie simili atti certamente non si pone il problema di incassare uno stipendio, anzi ne approfitta!
Quello che più ci preoccupa è la prima domanda.
Conosciamo persone (e noi siamo tra quelli) che alla Margherita hanno dedicato tempo, togliendolo alla propria famiglia e al proprio lavoro, e denaro per poi sentirsi dire che qualcuno aveva a disposizione 13 milioni di euro e quando ad esempio la sezione della Margherita di Busto aveva chiesto un contributo di bel € 500,00 per la campagna elettorale del 2007 si è sentita dire che di soldi non ce n’erano e che i candidati la campagna elettorale se la dovevano pagare!
Ma di questi € 12 milioni (24 miliardi delle vecchie lire) cosa si intendeva fare? Sarebbero stati dati in beneficenza? Sarebbero stati divisi, come capita in tutte le associazioni, tra gli associati?
Quanti tra gli ex Margherita sapevano di questo tesoro?
Sono tutte domande alle quali qualcuno deve dare una risposta e questo qualcuno è l’allora segretario della Margherita Rutelli, che si trincera dietro un rumoroso silenzio.
Quello che è certo è che se fosse vero che questo furto è avvenuto, il colpevole deve andare in galera e poi si deve buttare le chiavi, questo si deve fare per quelli che rubano specie quando “si maneggiano i soldi che non sono propri”.

giovedì 2 febbraio 2012

Niente soldi agli asili

Nella finanziaria del 2012 le scuole per l’infanzia perdono 9 milioni di finanziamento da parte della Regione Lombardia. Nel 2012 verranno destinate minori risorse a scuola e formazione e sarà ridotto anche il buono “dote scuola” e il sostegno alle scuole paritarie.
In buona sostanza viene sacrificato, per il pareggio di bilancio, uno dei pilastri che ha da sempre caratterizzato la Regione Lombardia: il sostegno alla scuola.
I contributi regionali per concorrere alle spese di gestione delle scuole dell’infanzia autonome sono stati ridotti a zero: nel 2011 la Regione aveva destinato € 8.624.160, annullato nel 2012, si verifica che si tratta di un taglio enorme.
Ulteriore taglio è quello relativo ai “contributi alle famiglie per l’accesso alla libera scelta dei percorsi educativi” che ha subito una riduzione consistente, passando da € 51.500.000 del 2011 ai 33.000.000 nel 2012.
Nel corso dell’approvazione del bilancio del 2011 Formigoni aveva detto che quello era un bilancio di “lacrime e sangue”, ora per il 2012 cosa dirà? Riconoscerà che si tratta di un bilancio che non punta sulla equità, che non dà alcun contributo alla riforma della spesa regionale e che non contiene alcuna misura che possa stimolare o incentivare la crescita?
Però dei fondi la Regione li potrebbe trovare.
Già in un precedente post avevamo citato i due “mega uffici di Formigoni”, uno nel nuovo palazzo della Regione e uno al Pirellone, oltre che al fatto che quest’ultimo era destinato unicamente alla politica regionale: se si affittasse il Pirellone si avrebbero i soldi per sostenere le famiglie, l’istruzione e quant’altro.