venerdì 31 maggio 2013

SE VOLETE FERMARCI FATE UN’ALTRA LEGGE!


Questa frase è parte dell’intervista rilasciata al quotidiano “Il Sole 24 ore” dal Procuratore Capo di Taranto dott. Franco Sebastio in merito al procedimento penale che vede coinvolti i vertici dell’ILVA SpA, il quale ha anche ricordato “che molti dimenticano che le Procure sono obbligate ad esercitare l’azione penale”.
Parole sante che sposiamo in toto.
Se non fossimo avvocati la domanda che sorgerebbe spontanea da un comune Cittadino potrebbe essere la seguente: ma questo obbligo è diventato legge sono da qualche mese?
No, l’obbligatorietà dell’azione penale da parte delle Procure della Repubblica esiste dal 1942.
E allora viene da chiedersi, visto che l’ILVA inquina da decenni se la Procura di Taranto era chiusa per ferie, visto che per decenni non si è accorta dei fumi che uscivano dai camini della fabbrica e delle tonnellate di polvere inquinante che copriva tutte le strade di Taranto.
Fortunatamente i Pubblici Ministeri sono tornati dalle ferie, hanno riaperto la Procura e si sono accorti dell’inquinamento e dal quel momento hanno lavorato giorno e notte per far cessare questo pesantissimo inquinamento che negli anni forse ha anche causa morti fra i cittadini.
Non era meglio che le indagini fossero iniziate vent’anno or sono?
Se così fosse stato oggi l’ILVA non inquinerebbe più!
Oggi si assiste ad un accanimento senza precedenti e forse anche ad una sfida nei confronti dello Stato, visto che neppure di fronte ad una legge specifica in materia i PM si sono fermati ed è dovuta intervenire la Corte Costituzione per dire che la legge era applicabile.
Come dicevano i Latini “nel mezzo sta la virtù”, hanno sbagliato i PM che per hanno fatto finta di essere ciechi, stanno sbagliando i PM di oggi che stanno facendo una lotta quasi personale contro l’ILVA



sabato 25 maggio 2013

Le elezioni non si vincono grazie alle leggi o alle sentenze.

Da sempre sostengo che fare politica non significa voler vincere a tutti i costi e con mezzi che non siano la discussione, il confronto, il dibattito.
Pensare di “far fuori” i propri avversari grazie ad una legge è una cosa assurda.
Pensare di eliminare un avversario grazie a sentenze di condanna è altrettanto assurdo.
Berlusconi debba essere combattuto e battuto sul campo politico e non sul campo giudiziario.
I Magistrati devono fare il loro dovere e se Berlusconi ha commesso degli errori deve pagare come pagare come capita ai comuni cittadini.
Pensare di far fuori Berlusconi dichiarandolo ineleggibile mi sembra una delle cose più stupide che abbia mai sentito.
L’ultima proposta fatta dal PD di approvare una legge che non permetta la partecipazione alle elezioni ai soggetti politici diversi dal partito è un altro assurdo.
Se questa legge è fatta contro il Movimento di Grillo vuol dire proprio che siamo alla frutta; Grillo va combattuto sul piano delle idee, non con delle leggi che gli impediscono di partecipare alle elezioni.
È una simile proposta fatta in un momento in cui il M5S è in grosse difficoltà per le problematiche che stanno sorgendo al suo interno è quanto di più irrazionale e antipolitico che possa esistere.
Cosa penserebbero di queste azioni Togliatti, Almirante e De Gasperi?
Probabilmente si rivolterebbero nella tomba vedendo che i loro eredi hanno dimenticato un principio fondamentale in politica: le elezioni si vincono grazie ai voti e i voti si prendono grazie alle idee e chi non ha idee non si vincono le elezioni.







giovedì 23 maggio 2013

Chi sceglie i poveri non sbaglia mai!

Don Andrea Gallo ci ha lasciato.
Dopo 84 anni dedicati agli ultimi, ai diseredati, ai dimenticati, ai respinti, agli emarginati,don Andrea se n’è andato in punta di piedi, senza clamore.
Il suo motto era: “Chi sceglie una ideologia può sbagliare, ma chi sceglie i poveri non sbaglia mai”.
La sua giornata iniziava quando gli altri andavano a dormire e terminava quando gli altri si risvegliavano; i suoi “figli” erano i barboni, le prostitute, i poveri e chi era rifiutato dalla comunità, a loro ha dedicato la sua vita.
Amava ostentare il suo essere prete e questa sua appartenenza anche quando frequentava ambienti ostici, dove spesso questa religiosità viene rifiutata.
Riusciva a portare anche lì la sua esperienza cristiana.
Amava definirsi Partigiano ed anarchico, non aveva padroni.
Anticonformista, con il suo inseparabile toscano tra le dita, ha portato nelle strade abbandonate della Sua Genova non solo la parola di Dio, ma anche l’aiuto concreto.
Le sue posizioni sui matrimoni tra omosessuali e l’uso del preservativo lo avevano portato ad un duro confronto con la gerarchia ecclesiastica, ma in tutta la sua vita non ricevette mai una re prebenda dai suoi superiori.
Ricordiamo il suo accalorato intervento in occasione della commemorazione della deportazione dei dipendenti della Comerio fatta al Museo del tessi all’inizio di questo anno; i presenti pendevano letteralmente dalle sue labbra, il suo pensiero semplice ma profondo ha risvegliato gli animi e al termine del suo intervento tutti in piedi lo hanno ringraziato con un applauso interminabile.
Don Andrea, con il suo operato ci ha lasciato un testamento spirituale che può guidarci verso un futuro migliore, basterebbe seguire le sue orme.

venerdì 17 maggio 2013

Ci abbiamo azzeccato!

In uno dei nostri precedenti blog avevamo individuato quelli che dovevano essere i punti principali che il Governo Letta deve realizzare prioritariamente nei primi 100 giorni e abbiamo avuto ragione.
Ne vogliamo però aggiungere un altro prendendo spunto da una dichiarazione fatta dal Primo Ministro in relazione agli investimenti nel campo della cultura, istruzione, ricerca e Università: Letta ha detto che sarebbe disposto a dimettersi nel caso in cui qualcuno volesse approvare una riduzione in questo campo.
Letta con questa frase ha dimostrato di essere una persona seria, e siamo sicuri che manterrà la sua promessa.
Ma il vero problema non è quello di ridurre le spese per la ricerca e l’istruzione in quanto siamo a livelli talmente bassi che un’ulteriore riduzione ci porterebbe ad essere classificati ben oltre dopo i paesi sotto sviluppati dell’Africa sub-sahariana, il problema è che bisogna trovare nuove risorse da investire in questo campo, in quanto significa investire in innovazioni ed investire nei giovani che rappresentano il futuro.
Con giovani preparati si potrà avanzare sotto tutti i profili.
Con innovazione all’avanguardia l’economia cresce.
E allora aspettiamo Letta al prossimo bilancio per verificare se manterrà questa promessa.







mercoledì 15 maggio 2013

I costi della politica

Ogni tanto nel Consiglio Comunale di Busto Arsizio si alza una voce che grida allo scandalo per gli alti costi della politica e si cita sempre il gettone di presenza percepito dai Consiglieri Comunali, affermando che è esoso e che bisogna ridurlo!
Ritenere che € 76,05 siano una somma da ritenere esosa già di per se ha del ridicolo.
Premesso che un Consiglio Comunale dura almeno 4 ore e mezzo, si ha come un rimborso ben € 17,00 scarsi all’ora: ci sono migliaia di imprenditori che vorrebbero pagare i propri dipendenti € 17,00 all’ora, contributi compresi.
Inoltre questa somma “fa monte reddito”, e sulla stessa personalmente pago una tassa del 43% per cui, rispetto ai famosi € 76,05, incasso netti ben € 43,35.
Dato che tutti i documenti sono trasmessi online, ne deriva che un Consigliere si deve comprare un computer, stamparsi gli ordini del giorno e i provvedimenti da approvare (a volte si tratta di centinaia di pagine), del famoso gettone di presenza non rimane in tasca neppure un centesimo.
Ma il problema non è questo.
Quando mi arriva l’ordine del giorno, personalmente me lo stampo con la fotocopiatrice che ho pagato io, uso la carta che ho comperato io, le mail le stampo a spese mie e così di seguito.
Poi c’è anche la polizza di assicurazione che ogni Consigliere paga di tasca sua, perché quando si vota, a differenza di che a volte fa finta di avere problemi alla prostata e si allontana al momento della votazione, personalmente sono presente al 100% delle votazioni e mi assumo le mie responsabilità perché, come il Presidente del Consiglio ha recentemente ricordato, chi vota assume una responsabilità contabile per la quale si risponde davanti alla Corte di Conti con il proprio patrimonio personale.
Sicuramente chi è dipendente non si fa arrivare le mail in ufficio perché per leggere le mail si sottrae tempo al lavoro che viene retribuito, la stampa dei documenti e delle mail viene fatta a casa con la propria stampante, utilizzando la carta acquistata alla Metro, perché se così non fosse tutti i costi verrebbero traslati sul datore di lavoro che, ignaro di tutto questo, paga come il famoso “Pantalone”.
Quando telefono in Comune per avere notizie in merito a qualche delibera che andrà in Consiglio Comunale e in commissione, utilizzo il mio telefono e chi è dipendente sicuramente userà il suo telefono e non certamente quello della Ditta.
Ma se così non fosse allora i costi della politica non sono quelli del gettone di presenza, ma sono i costi indiretti che vanno a gravare su terzi soggetti che sono ignari di questi costi e pagano somme che alla fine dell’anno sono rilevanti, e superiori al gettone di presenza riconosciuto dal Comune.
I veri costi della politica sono anche le somme che il Comune deve pagare perché un Consigliere Comunale è dipendente, per cui deve essere rimborsato il costo al suo datore di lavoro per i giorni di assenza per la partecipazione al Consiglio Comunale.
Si potrebbe fare una proposta provocatoria: dividiamo i Consiglieri Comunali tra chi è dipendente e quindi viene pagato dalla Ditta che poi avrà il rimborso da parte del Comune e chi invece è imprenditore di se stesso (artigiano, professionista, imprenditore, commerciante, etc ..), ai primi non viene versato alcun gettone di presenza, mentre ai secondi viene pagato questo esoso gettone che permetterà a queste persone di vivere nel lusso più sfrenato.
I veri costi della politica sono dati dal fatto che alle commissioni sono presenti dipendenti comunali (non parliamo di funzionari che hanno un contratto a se stante) che poi percepiscono lo straordinario e hanno ragione di chiederlo.
I veri costi della politica non sono i gettoni di presenza, sono gli stipendi che prendono i Parlamentari, i Consiglieri Regionali, i Presidenti e gli Amministratori Delegati delle Società Pubbliche (in quest’ultimo caso si parla a volte anche di milioni di euro).
Si potrebbe continuare con altri esempi, ma quello che si vuole fare emergere è che non si può continuamente farsi pubblicità chiedendo la riduzione dei gettoni di presenza, perché in questo modo si percorre una strada che non porta a nulla se non ad un breve momento di notorietà.
Per quanto mi riguarda il gettone di presenza può essere anche azzerato completamente perché, lo assicuro ai miei pochi lettori, riesco tranquillamente a vivere anche senza questo gettone di presenza.
Ma a questo punto, se si azzera il gettone di presenza, bisogna fare altrettanto con gli Assessori, il Sindaco, il Presidente del Consiglio che prendono qualche centesimo in più rispetto al gettone di presenza.
È troppo comodo fare del populismo facile e gridare: “riduciamo i costi della politica”, quando poi si generano costi che il cittadino non conosce.
Se vogliamo ridurre i costi della politica lo si può fare, ma in altri settori, non certamente nei Comuni; ricordo che lo stipendio di un Parlamentare in un mese potrebbe coprire buona parte dei gettoni di presenza corrisposti in un anno per la presenza in Consiglio Comunale.
Il problema è dato dal fatto che agli occhi della gente è più gratificante per chi afferma che vuole ridurre il gettone di presenza, rispetto a chi da una giustificazione sul perché vi deve essere questo rimborso.
La corsa contro i costi della politica porterà ad un semplice risultato: la politica potrà essere fatta solo da persone ricche o da chi vuole arricchirsi con la politica.
Ve la immaginate una persona che va a fare il Parlamentare a Roma ricevendo uno stipendio di € 2.500,00 senza ulteriori benefici, come qualcuno ha proposto, e si deve pagare il viaggio aereo, la camera in albergo, il taxi per andare dall’aeroporto fino al Parlamento, etc etc ?
Sicuramente non ci sarà più nessuno che vorrà fare il Parlamentare o il Consigliere Regionale.
E allora è necessario fare un ripensamento sia a livello locale che a livello regionale e nazionale: eliminiamo gli abusi come quelli di Fiorito, eliminiamo gli abusi dei moncherì comperati con i nostri soldi, eliminiamo gli abusi delle cartucce per il fucile da caccia, eliminiamo il pagamento del pranzo di nozze della figlia e l’acquisto della nutella, ma chi lavora deve essere pagato ed è giusto che venga pagato anche in proporzione al lavoro e alle responsabilità stesso si assume quando riveste una carica pubblica.
(Da L'informazione)

lunedì 13 maggio 2013

Berlusconi questa volta ha ragione di reclamare

La sentenza della Corte d’Appello di Milano con la quale è stata confermata quella pronunciata dal Tribunale di Milano in primo grado che condanna il Cavaliere Berlusconi a 4 anni di reclusione e al pagamento di una provvisionale di € 10.000.000,00 ha suscitato in me alcune perplessità.
Le perplessità per non riguardano l’entità della pena che, in relazione all’evasione posta in essere (€ 3.000.000,00) ritengo essere congrua.
Recentemente sono state pronunciate sentenze, che hanno riguardato anche i miei clienti, con le quali vi sono stati degli imputati che, per non aver versato l’I.V.A. per € 150.000,00*, si sono visti condannare ad un anno e quattro mesi di reclusione.
Fatte le proporzioni, la pena detentiva può essere ritenuta equa.
Quello che però non riusciamo a comprendere è la provvisionale di € 10.000.000,00.
A parte il fatto che raramente (almeno ai miei clienti non è mai capitato) che lo Stato si costituisca parte civile in un procedimento penale per evasione fiscale, ritengo che a fronte di un evasione di € 3.000.000,00 non possa esservi una condanna a 10 milioni di euro.
E’ pur vero che l’evasione, una volta riscontrata, comporta sanzioni, penalità ed interessi molto elevati, ma la provvisionale anticipa parte del risarcimento del danno per cui, pur non essendo un fiscalista, ritengo che difficilmente il danno subito dall’erario possa essere così alto.
Forse in questo caso il Cavaliere ha ragione di recriminare, ripetiamo, non sulla pena, ma sull’entità della provvisionale.

venerdì 10 maggio 2013

Congresso subito oppure sarà il disastro

L’Assemblea Nazionale del PD che si svolgerà domani a Roma è sicuramente un passaggio tra i più cruciali che il Partito Democratico, nella sua breve vita e storia, ha affrontato.
Le decisioni che saranno assunte saranno vitali per la sopravvivenza del PD, sorto da esperienze diverse, ma con la volontà comune di arrivare ad un vero riformismo che permettesse all’Italia di progredire verso il futuro.
Qualcuno l’aveva definita una fusione a freddo ma, purtroppo, la fusione vi è stata in parte dell’Italia e purtroppo si è verificata una predominanza da parte degli ex DS nei confronti dell’ex Margherita, con la conseguenza che molti simpatizzanti di questo partito hanno abbandonato la politica.
Questo ha rappresentato un elemento negativo al quale deve essere posto rimedio per evitare una frantumazione di questa esperienza, che ha dato sicuramente dei risultati molto positivi.
Purtroppo il risultato elettorale ha aperto una ferita, ha fatto sorgere falde interne, antipatie reciproche e quant’altro.
Ma tutto questo non è certamente l’essenza del Partito Democratico, anzi ne è l’esatto contrario, in quanto la base la pensa in un modo totalmente diverso da quanto pensa il così detto vertice.
Bersani ha fatto il possibile per dare al Partito Democratico la possibilità di governare il paese e di attuare le proposte innovative e in parte anche rivoluzionarie che vi erano nel suo programma.
I partecipanti all’assemblea di domani devono evitare divisioni, devono convocare il congresso al più presto, entro luglio o al massimo a settembre perché se così non fosse saremmo di fronte al solito “cerotto” messo per porre un momentaneo rimedio a quello che è un disastro annunciato.
E il nuovo congresso dovrà prevedere una dirigenza capace di confrontarsi con i cittadini, un gruppo dirigente snello, al di fuori delle divisioni, delle logiche e delle correnti.
Solo in questo modo il Partito Democratico potrà risollevarsi e riprendere il suo cammino riformatore.



mercoledì 8 maggio 2013

Ora Letta deve dimostrare di essere il numero uno

Vi ricordate la frase di una famosa canzone: “una vita da mediano”?
Questa frase è sicuramente adattata a Letta, Primo Ministro del Governo.
E’ stato il più giovane Ministro italiano durante il Governo Prodi del 1996, ha ricoperto cariche importanti, ma non è mai riuscito ad essere il numero uno ed oggi ha la sua grande occasione.
Letta è un uomo di grande preparazione, apprezzato in Italia e all’estero per la sua serietà e professionalità.
Ora ha in mano l’asso vincente e deve essere in grado di calarlo sul tavolo da gioco nel modo più pesante possibile.
Se Letta vuol riuscire nel proprio intento deve mettere in cantiere subito i punti che ritiene essere irrinunciabili del suo programma quali il problema del lavoro e del fisco, la nuova legge elettorale e la riduzione dei parlamentari.
Nei primi sei mesi Letta può chiedere ed ottenere tutto quello che vuole ma, passato questo termine, sarà soggetto a tutti i ricatti che da destra e sinistra gli verranno sicuramente fatti.
Togliere come ha detto Brunetta “la spina” in questo momento significherebbe mettere in pessima luce chi lo farà perché, se Letta rispetterà il programma che gli alleati hanno votato, nessuno gli può togliere la spina.
Passati i sei mesi, se sarà riuscito nel suo intento nessuno avrà il coraggio di “buttarlo giù”, se invece non ci sarà riuscito dovrà dimettersi.
I cittadini si aspettano azioni concrete da parte di questo giovane Presidente del Consiglio e bisogna che tutti gli diano credito senza ma e se in quanto questa è l’ultima via sulla quale l’Italia può avviarsi.
Diversamente sarà il caos totale in quanto ci saranno nuove elezioni e se la legge elettorale non sarà cambiata, il risultato lo possiamo già scrivere a tavolino oggi.



lunedì 6 maggio 2013

Il potere logora chi non ce l’ha!

È morto Giulio Andreotti all’età di 94, dei quali oltre 60 anni dedicati alla politica e alle Istituzioni.
Intelligenza, senso dello Stato, pragmatismo ed ironia erano le Sue doti innate.
Di Lui hanno detto tutto e il contrario di tutto!
È stato affermato che: «Giulio Andreotti è stato la Democrazia Cristiana, pur non essendo stato mai stato segretario della Democrazia Cristiana. Andreotti è stato la politica: ha condensato il bene e il male. Una personalità straordinaria. Uno statista internazionale conosciuto in tutto il mondo. Un cattolico vero. Un grande statista che ha sempre creduto nelle istituzioni».
Sicuramente aveva un prestigio internazionale che raramente politici italiani hanno ricevuto; è stato un artefice della ricostruzione del Paese, un pezzo di vita di questa nazione che collaborò con uomini come De Gasperi, Fanfani e Moro.
È stato indubbiamente “il” protagonista indiscusso della democrazia italiana sin dalla nascita della Repubblica dopo i traumi della dittatura e della guerra e con Lui se ne va un attore di primissimo piano per oltre sessant'anni di vita pubblica nazionale.
È morta una personalità che, nel bene e nel male, ha fatto della mediazione l'essenza della politica.
Vi è chi ha affermato che Andreotti, con il suo pragmatismo cinico, in nome delle ragioni della politica e della ragion di Stato, avrebbe stretto anche stretto accordi con la mafia. Ma le sentenze di assoluzione pronunciate in suo favore nei vari processi che lo hanno visto protagonista affermano l’esatto contrario!
È stato uno dei pochi politici che ha mantenuto aperto il dialogo anche con forze politiche lontane dal suo pensiero e che “ha contribuito a consolidare il ruolo e la presenza internazionale del nostro Paese, concorrendo così in modo determinante a fare la storia dell'Italia repubblicana”.
Ha rappresentato l'idea della politica ferma, concreta, sobria nei toni e nei giudizi ma sempre disponibile al dialogo anche con le parti sociali e la società.
Da ultimo, come dimenticare la sua ironia, con la quale smorzava i duri contrasti che vedevano contrapposti la Democrazia Cristiana e il Partito Comunista.