venerdì 26 giugno 2015

Forse siamo noi a non capire.

L’indagine di “mafia capitale” ha fatto capire che forse è meglio commettere dei crimini che denunciarli e ci spieghiamo. Quando Marino è stato eletto Sindaco di Roma ha scoperto che chi lo aveva preceduto ne aveva fatte più di Bertoldo, sui giornali sono state pubblicate notizie di personaggi che andavano in Venezuela con le valigie piene di contanti, ma forse queste sono solo delle fantasie; gli appalti erano truccati e tutti prendevano tangenti. Dalle intercettazioni telefoniche è emerso che i corruttori, poco prima delle nuove elezioni che hanno visto vincitore Marino, affermavano: se rimangono questi (giunta Alemanno) “diventeremo tutti milionari!” Le stesse persone una volta eletto Marino sono stati intercettati telefonicamente mentre affermavano che “con questi nuovi che sono arrivati non si guadagnerà più un centesimo!”. Più chiaro di così non si poteva essere: fin quando c’era la giunta di destra, i corruttori dovevano “oliare la mucca da mungere” dopo le elezioni la mucca non poteva essere più munta. Ebbene, nonostante questo, chi si deve dimettere è il Sindaco Marino che ha tolto il coperchio dal pentole facendo emergere una situazione di corruzione assurda: è Marino che deve pagare per le corruzioni commesse da altri! Personalmente ritengo che Marino faccia bene a tenere duro e non riesco a capire il comportamento del PD che, anziché “cavalcare”, come farebbe la destra, una simile situazione per indebolire gli avversari, chiede che Marino faccia un passo indietro! Probabilmente l’onestà non paga più, l’intelligenza non esiste più, neppure quella politica. Chi deve essere perseguito oggi passa per essere la vittima, mentre chi fino a prima delle elezioni di Marino si metteva in tasca mazzette di migliaia di euro, oggi è un Santo. La situazione a Roma, con la elezione di Marino, sembra essersi risanata (anche se riteniamo sia difficile che il risanamento possa essere completo in quanto quando un cancro colpisce, qualche metastasi rimane sempre in giro, specie quando si tratta di una città grande e difficile come la Capitale). Ci auguriamo che il buon senso prevalga e che chi ha commesso dei reati finisca in galera, mentre chi ha denunciato i colpevoli vengano premiati.

mercoledì 24 giugno 2015

Ormai i valori si sono capovolti.

Sentire dire dal Presidente del Consiglio Tsipras che i creditori che chiedono la restituzione dei soldi che hanno prestato alla Grecia, sono dei “criminali” deve far meditare. Tsipras dimentica che chi lo ha preceduto ha presentato bilanci falsi per ottenere i prestiti, facendo figurare che la Grecia era una nazione florida, mentre era al fallimento e si è salvata solo grazie ai soldi ricevuti dall’Europa. Tsipras dimentica che i suoi concittadini godono di condizioni sociali di molto superiori a quelle della media dei cittadini per gli Stati che hanno prestato i soldi alla Grecia: in Grecia si va in pensione molto prima che in Italia, in Grecia quando nasce un bambino i genitori e i loro famigliari hanno diritto a lunghe vacanze per assistere il proprio figlio rispetto a quanto abbiano diritto i cittadini italiani o della comunità europea e l’elenco potrebbe essere molto lungo. A questo punto si deve avere il coraggio di “buttare” fuori dall’Europa la Grecia facendole subire tutte le conseguenze, si deve richiedere la restituzione di tutti i soldi prestati e con gli interessi, senza dare più un centesimo: a questo punto Tzipras cosa farà? Se il nuovo comunismo è questo allora vuol dire che siamo scesi molto in basso perché Tsipras definisce l’ultimo vero comunista! Ma i comunisti che abbiamo conosciuto era persone che rispettavano i patti; sembra che i nuovi comunisti (sempre che sappiano che cosa sia il Comunismo!), non sappiano neppure quale sia il valore dei patti che sottoscrivono e che devono essere rispettati. Se fosse stata la Grecia ad aver prestato dei soldi all’Italia, li vorrebbe indietro immediatamente, questo è certo. Tsipras è nuovo fautore del principio “quello che è mio è ovviamente mio, ma quello che è tuo, è nostro!”.