mercoledì 24 dicembre 2014

I 15 peccati della Chiesa secondo Francesco

Inviamo in occasione del Santo Natale questo spendido articolo sull'ultimo discorso di Papa Francesco; ciascuno di noi potrà meditare in merito alle parole di questo Papa che starivoluzionando la Chiesa di Vito Mancuso - la Repubblica 23 dicembre 2014 Viva il Papa e abbasso la Curia!, verrebbe spontaneo gridare dopo il magnifico e severo discorso che papa Francesco ha rivolto ieri ai responsabili della Curia romana. Il discorso con un’analisi ammirevole e coraggiosa elenca ben quindici malattie che secondo il Papa aggrediscono l’organismo di potere vaticano, ma in realtà si tratta di un’analisi perfettamente estendibile a tutte le altre nomenclature, a tutte le corti che nel mondo si formano inevitabilmente attorno a chi detiene il potere. Ieri il Papa si è rivolto alla Curia romana, ma le sue parole colpiscono praticamente tutti gli organi di potere dell’odierna società, dalla politica all’economia, dalle università ai tribunali, in Italia e ovunque nel mondo. Tra le malattie della mente e del cuore dei burocrati vaticani e non, il Papa pone al primo posto ciò che definisce (1) la “malattia del sentirsi immortale o indispensabile”, vale a dire l’identificazione del proprio sé con il potere. Seguono (2) “la malattia dell’eccessiva operosità” e (3) “l’impietrimento mentale e spirituale”, intendendo con ciò l’atteggiamento di coloro che “perdono la vivacità e l’audacia e si nascondono sotto le carte diventando macchine di pratiche”. Le altre malattie del potere, elencate dal Papa spesso con termini colorati, sono: (4) l’eccessiva pianificazione, (5) il cattivo coordinamento che trasforma una squadra in “un’orchestra che produce chiasso”, (6) “l’Alzheimer spirituale” che fa perdere la memoria dell’incontro con il Signore e consegna in balìa delle passioni, (7) la rivalità e la vanagloria, (8) la schizofrenia esistenziale che porta a vivere una doppia vita, di cui la seconda è all’insegna della dissolutezza, (9) le chiacchiere e i pettegolezzi che arrivano a un vero e proprio “terrorismo” delle parole, (10) la divinizzazione dei capi in funzione del carrierismo, (11) l’indifferenza verso i colleghi che priva della solidarietà e del calore umano e che anzi fa gioire delle difficoltà altrui, (12) la faccia funerea di chi è duro e arrogante e non sa che cosa siano l’umorismo e l’autoironia, (13) il desiderio di accumulare ricchezze, (14) i circoli chiusi e infine (15) l’esibizionismo. Queste sono le numerose malattie che secondo il Papa aggrediscono la Curia romana e i suoi responsabili. Ma una domanda s’impone: è davvero così semplice separare il Pontefice dalla sua amministrazione? La Curia romana è una creatura dei Papi, è l’espressione di ciò che per secoli è stato il Papato, governata dagli infallibili successori di Pietro dei quali tra l’altro quasi tutti coloro che hanno regnato nel ‘900 sono stati proclamati santi o beati. Com’è quindi possibile il paradosso di papi così vicini a Dio e tuttavia incapaci di mettere ordine tra i più stretti collaboratori, scelti da loro stessi? Come si concilia lo splendore dei pontefici canonizzati con una curia che dipende da loro direttamente e che è così tanto malata? La Curia romana non è piovuta in Vaticano dal cielo, né è stata messa lì da qualche potentato straniero, ma è sorta quale logica emanazione della politica ecclesiastica papale che ha fatto del Vaticano un centro di potere assoluto, e non un organo di servizio come vorrebbe oggi papa Francesco. Se si vuole la coerenza del ragionamento, indispensabile alla coerenza della vita giustamente tanto cara a papa Francesco, occorre concludere che i mali della Curia romana non possono non essere esattamente i mali dello stesso potere pontificio. Il papato per secoli ha concepito se stesso come potere assoluto senza spazio per una minima forma di critica e meno che mai di opposizione, traducendo fisicamente questa impostazione in precisi segni di spettacolare effetto quali il bacio della pantofola, la sedia gestatoria, e la tiara pontificia detta anche triregno tempestata di pietre preziose. Chi lavorava in Curia respirava quotidianamente quest’aria e non c’è nulla da meravigliarsi se poi, nella sua vita privata, tendesse a riprodurne la logica circondandosi a sua volta di lusso e di potere. È stato così per secoli e, come fa intendere il discorso di papa Francesco, è così ancora oggi. Emblematico è il caso del cardinal Bertone, per anni a capo della Curia romana e ora autopremiatosi con un lussuoso superattico nel quale probabilmente si aggira fiero contemplando i frutti di un fedele servizio alla logica del potere. L’impietrimento mentale e spirituale denunciato da papa Francesco come malattia n. 3 non è altro che la conseguenza di come nei secoli è stata interpretata la figura del successore di Pietro. Quindi la riforma della curia non può che condurre a una riforma del papato. Avrà la forza papa Francesco per intraprendere questa strada? La volontà, di sicuro, sì.

sabato 20 dicembre 2014

MAFIA CAPITALE

Le vicende che hanno visto coinvolta l’ex giunta di centro-destra, (anzi più di destra che di centro). Alemanno a Roma hanno lasciato in tutti molto amaro in bocca. Ancora una volta si è scoperchiato il vaso di Pandora e ne è uscito di tutto e di più. La fame di soldi di certi personaggi che non possono essere definiti politici ma solo delinquenti, si è mostrata senza fondo: i corrotti della Prima Repubblica quanto meno le opere le realizzavano e si facevano dare solo una piccola percentuale sul valore delle opere. I politici della seconda Repubblica si fanno corrompere, prendono somme assurde che fanno passare per dei lattanti i corrotti della prima Repubblica, se li mettono in tasca, o meglio nelle valigie, come qualche giornale ha scritto o li trasformano in lingotti d’oro e li portano in Tanzania, così come ha scritto qualche giornale ma per i loro nipoti non lasciano nulla: ne opere ne progetti. Ma quello che è più assurdo della vicenda romana è il fatto che alla giunta che ha rubato non succede praticamente nulla, in compenso si chiede alla giunta Marino di dimettersi dimenticando che è arrivata dopo, che ha bloccato questa ladroneria, che ha fatto dire al capo della banda che coordinava gli affari illeciti: “con l’arrivo di questi (Marino) abbiamo finito di guadagnare”. Nonostante questo c’è un centro destra, Forza Italia in testa, che chiede che la giunta Marino venga commissariata. Sarebbe come dire che un imprenditore che, grazie ad un dipendente che gli ha riferito che un suo collega rubava, anziché licenziare il ladro, licenzia chi gli ha fatto scoprire il ladro. L’Italia è proprio un paese tutto da scoprire, la sfacciataggine e l’ipocrisia di certa gente merita di essere sbugiardata sulla prime pagine dei giornali. Ci auguravamo che i partiti del centro-destra che avevano governato Roma nel periodo delle ladronerie, se ne stessero zitti perché avevano tutto da guadagnare, eppure no, la supponenza di questi soggetti, la loro sfrontatezza fa dire loro cose di cui dovrebbero vergognarsi. Se la giunta Marino non ha commesso dei reati non deve dimettersi, ma devono dimettersi tutti i Consiglieri Comunali che si richiamano alla giunta precedente perché, vista l’enormità delle ladronerie che si stanno scoprendo non è possibile che nessuno sapesse nulla!