venerdì 29 marzo 2013

Vogliamo il 100% del Parlamento

“Vogliamo il 100% del Parlamento, non il 20% o il 25 o il 30%": è una delle frasi ad effetto che Beppe Grillo ha sfoggiato in una recente intervista a Time, che ha presentato ai suoi lettori Americani "il comico canaglia diventato kingmaker".
Scrive Time "Il più grande vincitore delle elezioni italiane si è rifiutato di negoziare con la vecchia guardia che considera alla radice dei problemi dell'Italia".
Nell'intervista Grillo afferma di "volere dissoluzione dei partiti", dà il merito del suo successo a Internet e sostiene di volere sostituire i partiti con "cittadini, informati, onesti, cittadini trasparenti, che fanno il loro lavoro con passione", che vanno a casa dopo due mandati.
Siamo in democrazia e fa specie che un politico possa sostenere di volere “il 100% del Parlamento”, non sarebbe più democrazia ma dittatura!
Non sono tra quelle che hanno ricordato i discorsi di nefasti dittatori che nel 1933 avevano affermato cose simili a quanto afferma oggi Grillo, siamo da sempre (e non da oggi che va di moda), fautori della non candidabilità dopo due mandati e che la politica non deve essere “il mestiere per la vita”.
Sono contrario ai “NO” per partito preso, e il programma di Grillo è un elenco di “no” senza alcuna proposta.
Non sono per l’abolizione del finanziamento ai Partiti, me sono anche per una forte riduzione di questo finanziamento che deve essere destinato solo alla pura propaganda politica e non per pagare pletore di funzionari di partito e per ripianare i debiti dei giornali..
Non sono per una drastica diminuzione degli stipendi dei Parlamentari, ma voglio che vengano mandati a casa quelli che non lavorano in Parlamento.
Sono per essere in Europa, ma a condizione di non essere succube di nessuno.
Sono a favore della TAV, ma nel rispetto dell’ambiente.
Sono per la “rete”, ma non voglio esserne condizionato.
Sono per la correttezza dei rapporti, e non per gli insulti nei confronti di chi non è d’accordo con me.
Sono per il confronto, senza ritenere di essere il solo ad essere nel giusto, pensando che gli altri che non la pensano come me siano degli idioti.
E potrei continuare.
Fare politica significa “costruire” e non “distruggere” come sostiene Grillo.
Fare politica significa rispettare il pensiero degli altri, senza ritenere di essere dei Padre Eterni onniscienti.

giovedì 28 marzo 2013

Nuove elezioni

Vi è chi si è chiesto per quale motivo non ho scritto nulla in merito al post elezioni e al tentativo di Bersani di formare il Governo.
La risposta è semplice: ci sono momenti in cui il silenzio è più esplicito delle parole!
Se fossi stato al posto di Bersani personalmente non avrei accettato l’incarico e avrei chiesto nuove elezioni.
Personalmente sarei andato alle elezioni a gennaio del 2012, lasciando che gli stipendi e la tredicesima del dicembre 2011 non fossero pagati e che gli Italiani finissero con il sedere per terra, mi sia consentito il francesismo, e capissero in quale situazione si trovavano.
L’esito delle elezioni è stato chiaro: gli Italiani non hanno voluto dare la maggioranza a nessuno e allora si vada alle nuove elezioni.
Se gli Italiani vorranno, come auspica Grillo, “essere più poveri per i prossimi 5 anni, ma vivere più felici”, sanno chi votare, ma poi quando dovranno rinunciare a Sky, al ristorante, all’auto, alle vacanze, alla bistecca non dovranno recriminare.
Se invece vorranno vivere in modo diverso potranno scegliere altri.
Ora Bersani deve decidersi, più di quello che ha fatto non poteva fare, se dovesse continuare sarebbe “accanimento terapeutico”!
I grillini in ogni caso diranno di no a qualsiasi nome sarà proposto, fatto salvo che non sia uno dei loro e allora indichino il loro Crimi che, dopo aver detto che “Napolitano era più sveglio del solito”, si è messo a dormire nell’aula del Senato.
Se questa è la nuova classe dirigente, fanno bene quelli che dicono “ridateci Craxi”, persona che non ho mai amato, anzi, ma almeno non si addormentava durante i dibattiti Parlamentari e, a suo modo, aveva il “senso dello Stato”.

mercoledì 27 marzo 2013

So che la mia presenza è un po’ ingombrante, ma viviamo come fratelli

Con queste parole ieri mattina Papa Francesco ha comunicato ai sacerdoti che vivono nella Casa Santa Marta in Vaticano la sua intenzione di rimanere nella residenza e di non trasferirsi nell'appartamento papale nel Palazzo Apostolico.
Nel frattempo aveva già la stanza 207, da Lui occupata durante il conclave, e si era trasferito nella numero 201 che ha a disposizione anche un salotto, continuando a fare colazione, a pranzare e a cenare con gli altri ospiti nella grande sala da pranzo comune della residenza, senza la presenza di guardie e maggiordomi. A chi aveva tentato di fargli cambiare idea il Papa ha risposto che non c'erano problemi e che lui «è abituato» a stare con i suoi preti. In questo modo Papa Francesco ha scelto di rimanere a fuori dalla “reggia Vaticana”, vivendo meno isolato dal resto del mondo, rimanendo a stretto contatto con tutti coloro che operano nella città del Vaticano.
Questa decisione non stupisce in quanto anche nell'arcivescovado di Buenos Aires, Bergoglio viveva in una sola stanza, accanto a una piccola cappella e a una biblioteca, senza occupare l'appartamento dell'arcivescovo; la stanza era riscaldata da una piccola stufa elettrica, perché quando l’Arcivescovado era chiuso l’ordine era di spegnere l’impianto riscaldamento centralizzato.
La decisione di non occupare l'appartamento papale, da lui giudicato «troppo grande» rappresenta un altro forte segnale della volontà di Papa Francesco di non voler cambiare il suo stile di vita e che dovranno essere gli altri (corte pontificia e sicurezza) a doversi adattare alla sua volontà. Qualcuno ha affermato che “sta cambiando il Mondo”, non è vero in quanto vi è solo un ritorno alla vera essenza della Chiesa che, come ha detto Papa Francesco “deve essere una Chiesa povera per i Poveri”.

venerdì 22 marzo 2013

Il tapon se peso del buso

non so se ho scritto il titolo in dialetto veneto perfetto, e mi scuso per gli errori:
LA TOPPA è PEGGIO DEL BUCO dice la saggezza popolare.
La vicenda dei due marò sta diventando grottesca e la diplomazia Italia ha fatto una figuraccia pazzesca.
L’aver affermato che i due marò non sarebbero tornati in India, nonostante che il nostro Console avesse rilasciato un impegno solenne che garantiva il loro rientro, aveva sollevato l’indignazione non solo dell’India ma anche di tutti coloro che credono ancora che l’onore sia una cosa seria.
Ora i Marò non saranno più visti dagli indiani come delle persone che forse aveva sbagliato a sparare e che lo avevano fatto in buona fede, ma li ha trasformati in persone dalle quali diffidare.
L’Italia da partner affidabile, si è trasforma in un soggetto che non mantiene i patti.
Peggio di così non ci si poteva comportare e il nostro Paese ne subirà le conseguenze sotto tutti i profili, primo tra tutti quello economico in quanto gli Indiani si chiederanno se ci si deve fidare di chi non mantiene la parola data.
Non solo: la Magistratura Indiana sarà ancora propensa a concedere dei permessi per il rientro in Italia ai Marò?
C’è solo da sperare che il prossimo Ministro degli esteri e i suoi consiglieri siano più attenti in futuro ed evitino di cadere in situazioni di questo tipo: per conquistarsi la credibilità ci si impiega anni, per perderla ci si impiega un minuto!





sabato 16 marzo 2013

Probabilmente ci linciano

Quanto sto per scrivere non troverà tutti d’accordo, ma voglio affermare che la decisione assunta dal nostro Governo in merito ai due Marò, che hanno ucciso due poveri pescatori indiani, non ci trova d’accordo.
Quello che l’Italia ha fatto è una violazione di un patto tra gentiluomini: sulla parola i Marò hanno ricevuto il permesso di 4 settimane per tornare in Patria per votare; L’Italia non ha rispettato la parola data e ha comunicato all’India che i due Marò non sarebbero tornati in quel paese.
Quello che è certo è che i due Marò dovranno essere comunque processati in Italia per omicidio.
Quando si spara, e chi spara è una persona che è abituata a farlo, deve avere una grande sensibilità perché una volta premuto il grilletto, dall’altra parte vi è un morto, non vi sono santi che tengano!
Non vi è nessuna differenza tra il Marò che ha sparato al pescatore indiano, rispetto alla persona che spara colpendo un passante.
Si tratterà di omicidio colposo piuttosto che di omicidio volontario o preterintenzionale, ma sempre di omicidio si tratta.
Non vi sono scusanti per chi toglie la vita ad un’altra persona, i Marò dovranno essere processati, sarà poi il Giudice a determinare il grado di colpevolezza e pronunciare la sentenza.
Affermare che i due Marò sono degli angioletti scesi dal cielo, significa negare l’evidenza più totale; il loro compito era quello di difendere una nave, intervenendo anche con le armi in caso di attacco.
Scambiare una barca di pescatori per uno scafo dei pirati ci sembra un errore grave inconcepibile.
Chissà perché quando si ha davanti dei pirati chissà non si spara mai, ma si spara quando dall’altra parte c’è una barca con dei pescatori.
Questo è un quesito al quale noi non riusciamo a dare una risposta.

giovedì 14 marzo 2013

FRANCESCO I°: IL PAPA DI TUTTI

L’elezione del nuovo Papa sta suscitando grandi speranze in quanto il suo modo di comportarsi quando era Cardinale, il suo atteggiamento nei confronti della gente, dei suoi collaboratori, della stessa Curia fanno sperare in un cambiamento radicale di alcuni atteggiamenti della Chiesa che hanno suscitato notevoli perplessità.
Potremmo usare uno slogan: Francesco I un nome una garanzia!
Il fatto stesso di chiamarsi come il Santo povero già è indice di quello che vuol rappresentare questo Papa, il fatto che non si sia mai atteggiato a prelato di alto rango quale era ma un semplice servitore della Croce e di tutti i fedeli, di qualsiasi classe sociale fossero, già è una anticipazione di quello che potrebbe fare questo Papa.
Bene hanno fatto i Cardinali a scegliere un Papa proveniente dal Sud America, un Papa che nonostante l’età, sicuramente è molto più giovane di altri perché la giovinezza non è quella anagrafica ma è quella mentale, degli atteggiamenti, e delle prese di posizione.
Sicuramente con l’elezione di Francesco I la Chiesa si avvia verso un’epoca di rinnovamento e di apertura alla società, e questo è quello che la gente chiede.

martedì 12 marzo 2013

GLI IMPEDIMENTI SONO DISUGUALI PER TUTTI.

Come è noto di mestiere facciamo l’avvocato e ci capita di difendere persone imputate in procedimenti penali.
A volte capita che il cliente il giorno dell’udienza fissata per il processo è ammalato: c’è chi afferma di essere influenzato, chi afferma di avere una lombalgia, chi è ricoverato in ospedale perché effettivamente è gravemente malato.
Ad oggi nonostante un’esperienza ultra trentennale non abbiamo mai avuto un cliente che ha chiesto di rinviare un processo perché affetto da congiuntivite.
La gran parte delle richieste di rinvio dei processi penali per malattia non sono state accettate in quanto la malattia deve essere grave e talmente invalidante da impedire materialmente la presenza dell’imputato al processo.
Finalmente possiamo dire che la giustizia “è uguale per tutti”, sia che l’imputato che è un operaio, sia che sia un Presidente del Consiglio.
Bene ha fatto il Tribunale di Milano a seguire alla lettera quanto previsto dal codice: quando viene prospettato l’impedimento per malattia, il codice afferma che il Giudice può valutare dal certificato medico la fondatezza dell’impedimento e, ove abbia dei dubbi, può disporre direttamente una visita medico fiscale.
Nei casi che ci sono capitati il Giudice ha semplicemente respinto le nostre richieste, senza disporre la visita medico legale.
Ma quello che lascia più perplesso è il fatto che si venga ricoverati per una congiuntivite, questo può capitare perché si rischia di diventare ciechi, oppure c’è qualcosa che non va!
Diverso è il secondo impedimento addotto dal Cavaliere che è stato considerato valido, quello relativo alla pressione, anche se per avere scompensi di questo genere è sufficiente prendere una pastiglia in più o in meno e la pressione va a farsi friggere.

sabato 9 marzo 2013

Parcheggi selvaggi a Busto e non solo

I parcheggi sono e saranno uno dei problemi principali di tutte le città, grandi o piccole che siano.
Purtroppo, checché se ne dica, l’auto rimane il mezzo principale per lo spostamento dei cittadini e, purtroppo, il numero dei veicoli a disposizione di ciascuna famiglia aumenta sempre di più.
Non è vero che in una famiglia vi è un’auto per persona, anzi solitamente le auto a disposizione sono maggiori rispetto al numero dei componenti del nucleo famigliare in quanto, nonostante la crisi economica, dell’auto sembra che non se ne possa fare a meno e Busto non è immune da questa situazione, anzi!
Tutte le città negli anni ’50 -’60, in un momento in cui l’auto era non solo un lusso ma anche una chimera, non hanno pensato, nel concedere l’autorizzazione alla costruzione degli edifici, di obbligare, come poi è stato fatto alla fine degli anni ’80 (con la famosa Legge Tognoli), che ogni appartamento costruito fosse dotato di almeno un posto auto o un garage, per cui tutti i condomini edificati fino a pochi anni fa, sia in centro che in periferia, hanno pochi posti auto in dotazione e, di conseguenza, le auto vengono parcheggiate lungo i marciapiedi prospicienti l’edificio.
Ma il problema della obbligatorietà di un posto auto collegato all’appartamento non ha risolto il problema: basterebbe passare alla sera in corso Sempione, località Beata Giuliana, davanti all’ex Mizar, dove sono stati costruiti una serie di enormi palazzi per verificare che vi sono centinaia di auto parcheggiate ovunque, il che significa che l’obbligatorietà non dovrebbe essere di un solo garage per ogni appartamento ma, per evitare questi parcheggi selvaggi, la dotazione dovrebbe essere almeno due box per appartamento.
Un mezzo per disincentivare l’utilizzo dell’auto è quello di far pagare la sosta del veicolo in quanto il territorio del Comune è un bene di tutti, e non è giusto che qualcuno se ne appropri per un lungo periodo.
È un principio che ci trova d’accordo tant’è che a metà degli anni ’80 avevamo proposto l’installazione dei primi parchimetri a Busto, sollevando un vespaio notevole.
Ma il problema non è far pagare un euro o due all’ora per il parcheggio, il vero problema è avere i parcheggi da mettere a disposizione degli automobilisti.
A Busto negli ultimi vent’anni l’Amministrazione comunale ha presentato più piani parcheggi, ma nessuno è stato realizzato.
È una situazione che deve essere affrontata in breve tempo in quanto il prossimo settembre, tanto per fare un esempio, a Busto funzionerà a pieno ritmo il grande Tribunale e, quindi, arriveranno anche i cittadini che ora si rivolgono ai Tribunali di Legnano e di Rho, con i loro avvocati e collaboratori.
Gli esperti dicono che ci sarà un afflusso di almeno duecento auto al giorno in più rispetto a quelle attuali, che dovranno trovare un parcheggio in località prossima al Palazzo di Giustizia.
La nostra Amministrazione sta pensando cosa fare per ovviare a questa situazione che, quando esploderà, creerà notevoli problemi?
Ci pare proprio di no.
L’unico intervento che è stato fatto è stato quello di far pagare la sosta anche in quei pochi parcheggi che ci sono vicino al Tribunale.
È inutile che si chieda di entrare nella Città metropolitana e poi, pur avendo una grande occasione di sviluppo che è quella del grande Tribunale, non affrontare concretamente tutte le problematiche che si creeranno.
Il Tribunale di Busto potrà essere definito il “Tribunale dell’Altomilanese”, con tutti gli annessi e connessi a questo che, oltre ad essere degli onori, sono anche oneri gravosi.
Il problema dei parcheggi non riguarda solo la zona centrale della città, ma anche le sue zone periferiche per cui il piano parcheggi, sempre che qualcuno abbia in mente di predisporlo, non dovrà avere un occhio di riguardo solo per il centro, ma dovrà aver presente tutte le situazioni che stanno mutando nella nostra città.
Busto è una città che si “muove” si modifica costantemente, è diversa da come era un anno fa ed è diversa da come sarà fra un anno.
Questo è un concetto che forse i nostri politici non riescono a mettere nella loro testolina.
Fare il politico, lo abbiamo ripetuto più volte, non significa affrontare il problema che si è verificato, ma significa prevenirlo prima che si verifichi e questo difficilmente succede, anzi diremmo quasi mai.
Il danno che ha la collettività dalla mancanza di un piano parcheggi è enorme in quanto le auto che vagano per le strade di Busto in cerca di un parcheggio creano inquinamento e spese per chi le guida, aumenta la possibilità di incidenti in quanto per cercare un parcheggio si è disattenti, rappresenta un problema che non può né deve essere sottovalutato da nessuna parte politica.
I politici devono dare solo degli indirizzi e rivolgersi ai tecnici (ma dei veri tecnici non i soliti “soloni” che hanno fatto grandi studi, ma che non hanno mai operato concretamente) per avere proposte serie da valutare.
Il problema dei parcheggi lo si risolve facendo una indagine prioritaria (che forse è già stata fatta) per verificare le zone di intervento.
È necessario prevedere la costruzione di silos per parcheggi fuori terra nelle zone dove vi è necessità.
Basterebbe citare due esempi: il primo è quello del parcheggio di Lampugnano che è utilizzato da centinaia di lavoratori che ogni giorno sono costretti a recarsi a Milano con costi molto bassi; il secondo è il silos costruito a fianco del Tribunale di Como, alto 11 piani, che permette di soddisfare non solo le esigenze del confinante Tribunale, ma anche del centro città e di tutti i cittadini che gravitano attorno.
Chi ha avuto queste idee era sicuramente persona illuminata.
Speriamo che nel buio politico che impera ormai da vent’anni a Busto Arsizio un lumicino si accenda e si inizi ad operare in questo settore creando nuove infrastrutture a disposizione dei cittadini.
(Da L'Informazione)

venerdì 1 marzo 2013

Elezioni: cinque risposte e una domanda


Volutamente non ho voluto fare commenti a caldo sulle elezioni per evitare di ragionare come si suol dire con la “pancia”.
Ecco le mie risposte:
1) il vero vincente di queste elezioni è il Movimento Cinque Stelle.
Affermare che il voto a questo movimento è un voto protesta è un grosse errore perché quando ci sono 8 milioni di persone che votano in un certo modo si tratta tutt’altro che di protesta, ma di esigenze concrete dalle quali i partiti così detti tradizionali non potranno prescindere.
2) il vero perdente è il PDL e quindi Berlusconi che ha perso ben il 16% rispetto alle elezioni del 2008 ed affermare che ha vinto queste elezioni è un grosso errore in quanto ha semplicemente recuperato.
3) Il PD ha sbagliato l’ultima parte della campagna elettorale accettando la bagar, mentre doveva solo fare proposte serie come aveva fatte in precedenza; il PD del 2013 è meno forte del P. D. del 2008 in quanto ha preso meno voti e allora aveva deciso di andare da solo.
4) Il vero perdente di queste elezioni è Sel: il Partito si è perso completamente quasi da non essere più politicamente rilevante.
5) Chi invece ha sbagliato tutto è Monti: se se ne stava buono nel suo brodo in una situazione come quella di oggi poteva continuare a fare il primo Ministro e la poltrona di Presidente della Repubblica non gliel’avrebbe mai tolta nessuno; viene da chiedersi per quale motivo si sia messo in testa di fare il leader di partito non essendo un politico.
La domanda è la seguente: ma i sondaggi di un mese fa erano veri?
Era vero che il PD era avanti di 10 punti rispetto al PDL?
Un ragionamento sui sondaggi bisognerà prima o poi farlo ma, purtroppo, muovono un mucchio di denaro per si continuerà a seguirli.
Ci chiediamo che senso abbia avere gli exit pool che hanno un alto margine di errore e nelle elezioni la tecnica dice che è impossibile avere bassi margini di errore.
Lo sfizio che si vogliono prendere i nostri politici di sapere alle 16 anziché alle 20 il risultato definitivo delle elezioni non riesco a capirlo.
A parte Monti che non considero un leader, volutamente non ho citato il nome del politico che sta a capo del Partito perché un Partito non deve essere personale.