mercoledì 12 gennaio 2011

Quale famiglia?

Da pochi giorni è passato il Santo Natale: le famiglie si sono riunite attorno all’albero, i bambini hanno atteso Babbo Natale al quale avevano mandato la famosa letterina e il giorno di Natale avevano il cuore che batteva forte nella speranza che i loro desideri venissero esauditi.
Questa è l’immagine idilliaca che i mass media ci hanno dato del Natale, ma così purtroppo non è stato.
Sono molte anche quest’anno le famiglie che hanno festeggiato il Natale in modo sommesso, dove Babbo Natale ha portato pochi regali ai bambini, i coniugi si sono scambiati solo un abbraccio e un bacio perché non hanno avuto la possibilità di acquistare dei doni per i propri figli.
È una situazione che sembra essersi aggravata in quest’ultimo periodo in quanto le varie casse integrazioni sono finite e le persone che sono costrette a vivere con uno stipendio di € 700 sono molte.
Ed è proprio questo il momento in cui l’Amministrazione comunale deve fare uno sforzo per essere maggiormente vicina ai cittadini.
Molti Comuni, compreso il nostro, non si sono resi conto che la situazione sociale nel loro territorio si è radicalmente modificata rispetto al passato.
Elemento prioritario per capire l’attuale situazione è quello che la nostra Amministrazione dia corso ad un’indagine approfondita sulle situazioni sociali esistenti oggi a Busto: quante sono le coppie di fatto, quanti sono i bambini nati fuori dal matrimonio, quante sono le famiglie mononucleari, quante quelle dove vi è solo un genitore con i figli, quanti sono gli anziani e quanti vivono da soli, quanti sono i figli di lavoratori che hanno bisogno di assistenza per il doposcuola e così di seguito.
Senza questi dati, qualsiasi intervento sarebbe inutile perché si andrebbe ad incidere su un terreno che non si conosce.
Le statistiche dimostrano in modo preoccupante che negli ultimi vent’anni tutto si è modificato, determinate certezze che vi erano alla fine degli anni ‘70 oggi non ci sono più, molte situazioni si sono modificate radicalmente, sono sorti nuovi bisogni ed altri non esistono più.
La struttura della famiglia, in conseguenza anche di un forte mutamento che vi è stato sotto il profilo sociale, è cambiata radicalmente anche a Busto; le famiglie di fatto sono aumentate in modo esponenziale, i figli nati fuori dal matrimonio sono in numero sempre maggiore.
Le coppie che si separano e divorziano, hanno un aumento progressivo che non vuole rallentare, con la conseguenza che oggi vi è una tipologia familiare che fino a vent’anni fa era totalmente sconosciuta che è quella delle madri o dei padri che vivono soli con i figli.
Per non toccare poi il problema dei mono - genitori stranieri che giungono in Italia con un figlio, lasciando la moglie con gli altri figli nel paese di origine, nell’attesa di ambientarsi e di avere una sicurezza economica.
Il fenomeno delle famiglie di fatto è accompagnato alla presenza dei single, di famiglie composte da una sola persona, che costituiscono un’alta percentuale del sistema famiglie anche Busto.
Gli anziani stanno superando il 40% della popolazione e molti sono quelli che sono soli, e spesso si tratta di donne, che vivono in situazioni di enorme disagio, a volte non economico ma sociale, che influisce in modo esasperato a rendere tristi gli ultimi anni della loro vita.
Questo profondo mutamento sociale della nostra città, e non solo, deve portare ad un profondo ripensamento del welfare che deve essere capace di dare risposte concrete alle nuove esigenze sociali che crescono di giorno in giorno, dove i bisogni sono sempre più diversificati.
È necessario quindi ripensare i Servizi Sociali che hanno una organizzazione che risale agli anni ’80, e la scusa è la solita: non ci sono le risorse sufficienti per affrontare tutte le problematiche.
Questo può anche essere vero, ma qualche cosa bisogna pur fare!
Da sempre sosteniamo che i medici di base rappresentano un mezzo fondamentale per “scovare” i veri bisogni, perché sono quelli che hanno il polso della situazione degli anziani, delle famiglie con problemi, delle persone sole.
Si potrebbe pensare anche ad un’altra figura, che già opera in altre città: il “tutor di vicinato”, una persona che vive nel condominio che si prende l’impegno di aiutare i suoi vicini di casa che, per l’età, per i figli o per problemi economici, hanno necessità di un aiuto o di rapporto umano.
È un po’ come ritornare indietro nel tempo quando c’erano le case di ringhiera dove, quando una famiglia aveva delle necessità, tutti i vicini si prodigavano per aiutarli. Tutti conoscevano i bisogni e le fortune degli altri, tutti si mettevano a disposizione per il proprio vicino.
Se una mamma era ammalata la vicina gli curava il figlio, se qualcuno non aveva il pane, glielo si prestava e così di seguito.
Ulteriore intervento che deve essere fatto, ma questo non dipende dal nostro Comune, è la correzione dell’ISEE che è l’indicatore della situazione economica sulla base del quale sono calcolati i contributi e le tasse dei bustocchi; l’ISEE incide pesantemente sulle rette che i genitori pagano per i propri figli.
Ora che vi è stata, checché ne dica il ministro Gelmini, una diminuzione del tempo pieno, sono molte le famiglie che hanno difficoltà con i propri figli è necessario che vengano riattivati quei centri di quartiere che fino a qualche decennio or sono funzionavano benissimo, che accudivano i bambini dall’uscita delle scuola fino a quando i genitori finivano il proprio lavoro.
Quei centri avevano anche un’altra funzione che era quella di sviluppare la socializzazione tra i bambini, che tanto ha contribuito alla crescita di chi fa parte della nostra generazione.
Oggi le uniche strutture che operano sotto questo profilo sono gli Oratori, che però sono lasciati soli dal Pubblico e vivono solo grazie al volontariato e questo non è giusto.
Il 2011 è iniziato, i bilanci di previsione sono stati già approntati, ma vi è sempre la possibilità di modificarli e riteniamo che nel settore del welfare tutti i Comuni, il Comune di Busto Arsizio in testa, possano e debbano fare molto per aiutare le famiglie.
                                                                                                            (Da L’Informazione 7 gennaio 2001)

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