venerdì 29 ottobre 2010

Licenzio anch’io. No tu no!

L’intervista rilasciata da Marchionne alla trasmissione “Che tempo che fa” ha aperto, come era prevedibile, un ampio dibattito.
Il tema trattato, il lavoro, non può che suscitare interesse e critiche.
Quello che ci ha lasciato perplessi è il fatto che alcune critiche provengono da persone che probabilmente non hanno visto l’intervista in quanto Marchionne ha affermato:
1) la Fiat in Italia crea perdite e l’utile è creato solo all’estero.
2) Di essere disponibile ad alzare gli stipendi se aumenta la produttività;
3) la Fiat deve rimanere in Italia;
4) quando ci sono le partite di calcio il 50% dei dipendenti si ammala.
Sono tutte di affermazioni condivisibili.
Ora si tratta di mettere a prova Marchionne con i fatti.
Non sappiamo se sia vero che quando vi è una partita il 50% dei dipendenti si ammala, ma se questo fosse vero bisognerebbe mettere in galera i medici che certificano le malattie e licenziare i dipendenti, il tutto nell’interesse dei loro colleghi di lavoro che hanno lavorato anche per i loro colleghi assenteisti.
E’ altrettanto giusto che se un dipendente ha una produttività maggiore rispetto ad altri, venga pagato di più.
E’ ora di finirla con il principio della solidarietà che premia solo i furbi e i lavativi e punisce chi veramente lavora.
Sostenere, come ha fatto Feltri, che aprire delle fabbriche a Pomigliano o a Termini significava avere una forza lavoro di basso livello, non impegnata, che avrebbe creato i problemi che poi sono emersi, è una stupidaggine in quanto non è vero e si tratta di qualunquismo, specie poi quando termina con un invito alla Fiat di andarsene dall’Italia.
Ma ci chiediamo: come mai tanto scandalo per l’intervista di Marchionne che in fin dei conti ha solo chiesto che ciascuno faccia la propria parte e non ci si è indignati quando l’Unicredit, con l’avvallo dei sindacati, ha deciso di lasciare a casa oltre 3 mila persone?
Perché non si è gridato allo scandalo quando la Telecom, sempre con l’avvallo dei sindacati, ha deciso di lasciare a casa quasi 4 mila dipendenti?
Viene il dubbio che certi imprenditori godano della benevolenza di politici e di giornalisti, mentre per altri il gioco migliore è quello del tiro al piccione.
Forse chi critica oggi Marchionne dimentica che 6 anni fa la Fiat non valeva un centesimo e che, pur di non esserne più socio, vi è chi ha pagato ben 2 miliardi di dollari per risolvere l’accordo che lo vedeva partner.
Oggi la Fiat, grazie al fatto che il timone è stato affidato ad un manager di alto livello, non solo si è risanata e crea utili, ma è anche l’azionista di riferimento di una delle maggiori case automobilistiche degli Stati Uniti e del mondo, insomma è una Società rispettata a livello mondiale.
E’ vero che la Fiat ha vissuto per un secolo sulle spalle dello Stato e quindi di tutti noi cittadini, ma da qualche anno è una Società come tante altre, non gode più di incentivi e finanziamenti agevolati o a fondo perso.La rottamazione ha favorito la Fiat come ha favorito tutte le altre case automobilistiche, ma dobbiamo ricordarci che la Fiat in Italia copre il 30% del mercato e quindi i benefici della rottamazione sono andati per il 70% a case straniere, ma di questo sembra che nessuno se ne sia accorto.

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