La Corte di Cassazione con la sentenza del primo ottobre 2010 ha sancito un principio che molti sostengono da tempo: le gentili signore che a fronte del pagamento di un obolo, sono compiacenti e mettono a disposizione dell’interlocutore del momento la propria cultura sessuale, devono pagare l’I.V.A., l’Irpef e l’Irap sull’obolo stesso.
Se tutte le escort (il nome deriva dal nuovo vocabolario Berlusconiano) dovessero pagare le tasse, sicuramente le finanze della nostra povera Italia sarebbero risollevate.
Ma ve la vedete una escort, vicino ad un falò, mentre scende da un’auto prendere il bollettario delle fatture e compilarne una, consegnandola al cliente?
Sorge una domanda: queste fatture possono essere dedotte fiscalmente se si dimostra che sono costi di rappresentanza?
Come si vede la materia è di difficile interpretazione, per cui sicuramente la cassazione sarà presto chiamata a dare una risposta anche a questa domanda.
giovedì 7 ottobre 2010
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Ma non c’è nulla di strano se le escort dopo la prestazione più o meno amorosa compilano la fattura o rilasciano lo scontrino fiscale, io direi anche che dovrebbe esporre (sul parabrezza dell’auto o con cartelli segnaletici di invito alla sosta …..a pagamento!!) il prezziario come quello che si trova nei mercatini dell’usato e che venivano esposti nelle famose “case chiuse” oppure si potrebbero comperare i vaucher in tabaccheria, il 25% andrebbe subito allo Stato, le escort maturerebbero anche la pensione e l’Inps rimpinguerebbe le proprie casse, e tutti vivrebbero felici e contenti (escort, cliente, Stato e Inps) …… una trombata allunga la vita ……… più semplice di così!!!
RispondiEliminaCordialmente.
Giampiero