Nei giorni scorsi, sistemando la nostra biblioteca abbiamo ritrovato gli atti del convegno di studio organizzato a Busto dall’assessorato alla cultura e dalla biblioteca civica nel maggio del 1988 sul tema “Ungaretti nel centenario della nascita.
Durante i due giorni del convegno gli interventi sono stati svolti da professori provenienti da varie università italiane, dall’Università di Torino alla Cattolica di Milano, dall’Università di Padova, a quella di Firenze, nonché dall’Università di Parigi III Sorbona, ed erano tutti di alto livello.
Il fatto stesso di vedere in quel di Busto docenti di ben quattro università italiane e della Sorbona, fa capire l’importanza del convegno, le risorse che erano state destinate a questo scopo e l’interesse a livello nazionale ed internazionale che il convegno aveva suscitato.
Ritrovare questo libro ci ha fatto tornare indietro ai tempi in cui eravamo seduti sui banchi del Consiglio comunale, dei quali abbiamo ancora una grande nostalgia, quando la politica non era solo parlare per imperare, ma era anche governare e dare anche cultura alla città.
Iniziative simili ve ne sono state molte, ma quella era l’epoca in cui Busto era proiettata verso un futuro di Provincia, pensava di avere un centro direzionale, era il faro dell’Alto Milanese e non solo, era conosciuta in tutta Italia per le sue capacità imprenditoriali e manageriali, aveva parlamentari di alto spessore che portavano avanti le esigenze del territorio.
Purtroppo questo modo di concepire la politica è finito con i fatti del 1993, dopo di che Busto è caduta nell’oblio più totale; e mentre Busto non fa nulla per risollevarsi, continua a discutere del nulla, le città limitrofe continuano la loro corsa al miglioramento della propria situazione urbanistica, sociale, ambientale ed economica.
Quando si visitano queste città, si può verificare che vi sono continue modifiche e miglioramenti, si è di fronte ad una situazione in continua evoluzione; le aree dismesse diminuiscono costantemente; il centro è vivo sia durante il giorno che alla sera.
Sarebbe stato sufficiente fare una visita a Legnano o a Gallarate nel periodo estivo per rendersi conto quante persone frequentano le loro vie principali e tra queste troviamo decine e decine di bustocchi i quali, anziché fermarsi a Busto, preferiscono recarsi nelle città vicine.
Questa situazione deve far meditare i politici di Busto, i quali probabilmente vivono su una nuvoletta e non si rendono conto della situazione.
Le città dell’Alto Milanese avevano enormi spazi occupati da grandi aziende dismesse ma la politica è intervenuta, vi sono stati interventi di carattere urbanistico che possono piacere o non piacere, ma vi sono stati, e queste aree dismesse sono state urbanizzate, questo ovunque tranne che a Busto.
Girando per queste città si ha l’impressione che vi sia un disegno urbanistico unitario, una filosofia del come sarà la città vista in là di qualche anno.
Legnano, pur avendo la metà degli abitanti di Busto , per progettare l’area ex Cantoni si è rivolta ad un tecnico di fama internazionale, l’Arch. Piano, che ha elaborato un progetto che, come tutti i progetti, può piacere o non piacere ma che ha permesso ad una parte rilevante della città di essere completamente trasformata e riqualificata.
A Busto si è cercato di fare altrettanto per l’area delle Nord rivolgendosi all’Arch. Botta, tecnico di altrettanto valore, ma poi il progetto, pagato profumatamente, è stato messo in un cassetto.
Quella delle Nord è una zona strategica ed essenziale per il futuro di Busto, non ha visto realizzato nulla e la progettazione è ancora ferma.
Ma quello che è ancora più grave è che in zone strategiche come quella delle Nord, si sono autorizzati interventi “spot”, con la costruzione di immobili che non sono inseriti in una strategia urbanistica complessiva di queste aree, commettendo un grave errore in quanto si è iniziato a cementificare parte della città senza sapere quale risultato finale si vuole ottenere.
Nel campo della cultura la situazione è identica.
In passato la mentalità di Busto era proiettata sia al futuro che al passato, le tradizioni quali il dialetto erano rispettate e favorite, ma nel contempo si lavorava anche per il futuro e si favorendo ogni altro tipo di cultura.
Oggi la situazione è totalmente modificata.
A Busto di convegni a livello di quello che abbiamo sopra citato, non se ne organizzano più, né se ne organizzeranno altri fino a quando rimarrà la mentalità politica imperante in questo momento.
L’impressione che si ha è che i nostri politici tendano a “semplificare” i cittadini, e ci spieghiamo: semplificare vuol dire mettere a disposizione argomenti per i quali nessuno deve ragionare.
Un convegno su Ungaretti obbliga le persone prima di tutto a conoscere questo autore, ad apprezzarlo approfondendo gli studi, e questo vale per qualsiasi argomento di cui si vuol discutere. Se invece tutto viene semplificato, il livello culturale si abbassa e si offre ai cittadini solo una pseudo-cultura, portandoli a ritenere che la normalità sia un livello basso di amministrazione, facendo loro credere che quanto gli viene propinato è il massimo, mentre è l’esatto contrario.
La dimostrazione di questo lo si ha dai discorsi fatti dai nostri politici, discorsi che non hanno un inizio e una fine, che sono basati solo su slogan dall’effetto immediato, che non fanno fare fatica a chi ascolta, mentre un ragionamento compiuto obbliga le persone a pensare, seguirlo parola per parola, collegare un concetto all’altro, esprimere un giudizio.
Purtroppo questa semplificazione, che parte dal livello centrale e scende sempre più in basso, ormai è entrata nelle famiglie dove vi è il totale silenzio tra genitori e figli, che sono tutti incollati a quella scatola che è la televisione, che ormai si è trasformata in un docente per tutti.
La televisione propone ai cittadini trasmissioni di basso livello; i cittadini, quando vedono i talk-show dove la gente si insulta e i politici che si prendono a sberle, godono perché vedono la rappresentazione di se stessi, non hanno un insegnamento, vedono nello schermo solo la propria immagine.
I nostri nonni latini dicevano: mala tempora currunt, e l’impressione che si ha è che sarà sempre più difficile modificare questa situazione perché, per modificarla, bisogna fare fatica e questa è una dote che pochi hanno.
(Da L’Informazione 1 ottobre 2010)
venerdì 15 ottobre 2010
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