Il 7 ottobre 2001 l’Afganistan veniva bombardato per la prima volta dalle forze alleate che, in risposta all’attentato dell’11 settembre, avevano iniziato la lotta al terrorismo mondiale.
Questa guerra, perché di guerra si tratta, ha avuto costi enormi:
- decine di migliaia di morti tra i civili;
- migliaia di militari morti;
- centinaia di migliaia di feriti;
- solo negli ultimi sei mesi sono morti oltre 1.800 civili
- sono stati spesi oltre 500 miliardi di dollari.
Tutto questo sulla base dello slogan: “esportiamo la democrazia in Afganistan”, ma i risultati ottenuti sono molto scarsi
Al Qaeda è viva e vegeta, anche se ridimensionata; la democrazia in Afganistan è tutta da verificare; le donne che erano e sono trattate ancora come delle schiave.
La domanda che ci si deve porre deve essere: ne è valsa la pena?
Non era forse più opportuno fare una guerra lampo, distruggere i campi dei terroristi e ritornarsene, dando aiuti economici per permettere all’Afghanistan di avviarsi, con i tempi necessari, verso la democrazia?
Pensare di cambiare una mentalità millenaria in pochi anni è una pura utopia.
I Romani 2.000 anni fa ci avevano tentato usando la forza, ma la “pax romana” non ha funzionato in quanto le radici delle popolazioni, come è giusto che sia, sono modificabili solo dopo un secolare percorso e solo per la volontà dei popoli e per loro scelta.
L’esperienza dell’Afghanistan, come tutte le altre e come oggi in Libia, dimostrano che le guerre non portano la pace, ma solo morte e distruzione.
venerdì 7 ottobre 2011
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