“Tra il 2001 e il 2009 la superficie di vendita della grande distribuzione è cresciuta del 65% circa. Nel frattempo i piccoli negozi sono diminuiti di oltre 51.000 unità. Ogni posto di lavoro creato nella grande distribuzione costa sei posti di lavoro nei piccoli esercizi commerciali. Tra il 2001 e il 2009 ad un aumento di poco più di 21.000 addetti nella grande distribuzione, nei piccoli negozi si sono persi quasi 130.000 posti di lavoro. Salvo il Lazio, tutte le altre regioni hanno visto un deciso aumento della presenza della grande distribuzione sul loro territorio e una notevole contrazione delle piccole botteghe commerciali”.
Questa era la notizia pubblicata nei giorni scorsi in relazione all’indagine posta in essere dalla C.G.I.A. di Mestre, che è un organismo che esegue, in modo continuativo e razionale, indagini che spiegano l’evolversi della situazione economica nel nostro paese.
Dopo aver letto questo comunicato ci siamo guardati attorno e abbiamo rivisto la situazione in cui si trova Busto, anzi l’Alto Milanese, dove la grande distribuzione ha occupato tutti gli spazi disponibili.
Come abbiamo avuto più volte modo di affermare, Busto è letteralmente assediata da supermercati di ogni genere, dagli alimentari all’abbigliamento, dagli elettrodomestici alle scarpe, tutte le tabelle merceologiche sono presenti.
Non esiste alcun punto del confine di Busto, che non veda la presenza di uno o più supermercati.
Nel frattempo il commercio al dettaglio, i piccoli negozi che ci hanno fatto crescere, o meglio che hanno fatto crescere la mia generazione, stanno scomparendo uno dopo l’altro.
Busto ha commesso un grave errore quando anni fa ha vietato alla grande distribuzione di aprire i propri magazzini entro i suoi confini, perché ha dimenticato che bastava costruire ad un centimetro dal suo confine e Busto ne avrebbe subito tutti gli effetti, positivi e negativi, derivanti da tali insediamenti.
Dagli anni ’90 in poi la situazione è diventata più incandescente in quanto sulla base di una ideologia politica ben precisa, la grande distribuzione ha avuto, anche sotto il profilo legislativo, tutti i vantaggi che poteva avere. La regione Lombardia, con una norma pre-elettorale, ha stanziato delle somme per la salvaguardia dei negozi storici, somme che non sono rilevanti ma che rappresentano un primo passo per affrontare il problema. Purtroppo di negozi storici ne sono rimasti pochi; quello che bisogna salvare è il negozio cosiddetto “sotto casa”, indipendentemente dall’anno in cui è stato fondato. Anche perché affermare che un negozio è storico dopo che ha cambiato decine di proprietari, significa affermare un assurdo. Diverso il caso che vede una famiglia di padre in figlio e in nipote si passano di mano in mano la gestione del loro esercizio commerciale. Non si può sostenere che un esercizio commerciale sorto nel 1930, ma che nel frattempo ha cambiato molti proprietari, rappresenti un pezzo di storia, salvo che si faccia riferimento solo allo stabile dove è ubicato.
L’importante è che i nostri amministratori regionali si siano accorti del problema e abbiano iniziato ad affrontarlo: si tratta di un primo passo al quale, speriamo, ne seguiranno altri.
Quello che è certo è che se Busto non si allea con i Comuni vicini per impedire che la grande distribuzione continui ad occupare migliaia di metri quadri con i propri magazzini, la sorte dei piccoli negozi che, a fatica, ancora riescono a sopravvivere sia in centro che in periferia, è sicuramente segnata.
A volte l’Amministrazione di Busto ci mette anche del proprio e Piazza Toselli di Borsano ne è l’esempio più eclatante. L’Amministrazione comunale ha voluto trasformarla in un’isola pedonale, modificandone anche la viabilità. E il risultato è stato che gli stessi cittadini non hanno accettato questa modifica, anche perché è del tutto irrazionale.
Quello che più importa è dato dal fatto che i pochi esercizi commerciali che sono riusciti a sopravvivere, stanno vivendo una lenta ma sicura agonia.
È necessario che, partendo dalla periferia, la nostra Amministrazione Comunale incominci ad assumere delle precise iniziative a sostegno dei negozi che ancora riescono a sopravvivere con grande dispendio di energie.
Non si può pretendere che il negoziante continui ad esercitare la propria attività solo perché utilizza i risparmi di una vita. È necessario che l’Amministrazione comunale dia un aiuto ai commercianti che con caparbietà continuano ad andare avanti; l’aiuto può essere fornito sotto vari aspetti ma il primo è quello di natura economica.
Uno dei balzelli più odiati che colpiscono gli esercizi commerciali è la tassa rifiuti la famosa TARSU, che ultimamente sta preoccupando molti Bustocchi in relazione agli accertamenti portati avanti da una Società delegata dal Comune che, avendo sempre più bisogno di soldi, sta come si suol dire, “raschiando il fondo del barile”. Se per i negozi fosse stabilita una riduzione degli importi che gli stessi pagano per il ritiro di pochi chili di rifiuti, già questo potrebbe essere un sollievo.
Lo stesso dicasi per quanto riguarda la tassa per la pubblicità, relativa alle insegne che i negozi dovrebbero avere al proprio esterno ma che molti, per risparmiare, a volte riducono, se non eliminano del tutto.
La nostra Amministrazione deve lavorare perché finalmente venga elaborato ed approvato un piano del commercio sovra-comunale che stabilisca quali sono le necessità dei cittadini e che preveda l’apertura di negozi (negozi, non supermercati) che non debbano solo sopravvivere, ma che possano vivere dignitosamente. Molti in passato avevano pensato che le gallerie dei negozi posti all’interno dei supermercati potesse rappresentare il futuro dei commercianti: nulla di più errato! Gli affitti che si fanno pagare per pochi metri quadri di negozio sono così alti che i negozi chiudono uno dopo l’altro, situazione questa che può essere verificata quando ci si reca in queste gallerie dove si può costatare che i gestori dei negozi cambiano continuamente. È necessario un intervento immediato da parte di chi ci governa, o fa finta di governarci, per evitare la morte di altri negozi; è ora che i nostri politici finiscano di riempirsi la bocca con frasi del tipo: “il piccolo commercio va salvaguardato”, quando poi nei fatti concreti fa esattamente il contrario contribuendo alla sua fine.
(Da L’Informazione 21 maggio 2010)
venerdì 21 maggio 2010
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