martedì 7 luglio 2015
E io pago !!
La famosa frase di Totò è adatta per descrivere il risultato del referendum greco che poneva una domanda del tipo: “Tu che sei oberato di debiti scegli di pagare questi debiti, oppure di non pagarli?”.
A una simile domanda solo un idiota poteva votare di voler pagare i debiti!
Tsipras ha giocato su questo fatto e ha vinto il referendum: Buon per i greci !
Ora però si apre una partita completamente nuova: l’Italia ha un credito di, se ben ricordiamo, 40 miliardi di euro per prestiti fatti alla Grecia.
Se questi prestiti non saranno rimborsati, a breve, ci troveremo una bella manovra finanziaria che aumenterà l’I.V.A., le tasse e quant’altro per rientrare di questi soldi.
A questo punto gli italiani farebbero bene ad andare a chiederne il rimborso a Grillo, Fassino, Vendola e compagni, in quanto questi erano e sono a favore di una Europa più disponibile, più democratica, che abbuona i debiti.
Quando eravamo piccolo i nostri genitori ci hanno insegnato che i debiti in primo luogo bisogna non farli e, se proprio non se ne può fare a meno, la prima cosa da fare è quella di restituirli al più presto.
Forse noi viviamo in un mondo che non esiste più che è quello del rispetto dei patti.
I greci, questo principio sembra che non ce l’abbiano.
I creditori e, quindi, anche gli italiani, si sono sentiti dare dei terroristi perché hanno osato, ripeto osato, chiedere la restituzione dei soldi che avevano prestato alla Grecia.
Il futuro che ci aspetta è semplice: gli italiani che hanno risparmiato investendo in azioni già hanno perso una parte del loro patrimonio, grazie ai simpatici greci.
In futuro probabilmente ne perderanno altrettanti, sempre grazie ai simpatici greci.
Se la teoria che chi ha bisogno deve essere aiutato sempre e comunque, ci troveremo a prestare altri soldi sapendo di non averli indietro, pagando più tasse perché i soldi non si stampano, sempre grazie ai simpatici greci.
Il problema vero è che ora la Spagna, dove ha vinto il partito “Podemos” (che tradotto vuole dire “possiamo”), farà lo stesso e lo stesso discorso farà il Portogallo.
Ci chiediamo: per quale motivo l’Italia dovrebbe a sua volta rimborsare i propri debiti?
Basta fare come la Grecia, non pagare più nessuno e vivremo felici e contenti.
Saremo, come vengono chiamati a Busto, dei “pufatti” ma che importa!
Se l’Europa deve essere concepita solo come una vacca da mungere, abbiamo l’impressione che il latte finirà presto.
L’Europa è ben altro e non deve essere concepita solo come un organismo che soccorre chi sperpera il denaro ricevuto, come ha fatto la Grecia negli ultimi dieci anni (e forse anche di più), ma che aiuta lo sviluppo.
Se invece incominciamo a concepirla come hanno fatto i greci, abbiamo l’impressione che la mucca morirà ben presto.
Vedendo i vari servizi televisivi, abbiamo visto che il popolo greco ha festeggiato il risultato del referendum per tutta la domenica notte e ha fatto altrettanto il lunedì: ma questi signori ogni tanto vanno a lavorare oppure festeggiano e basta ?
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grecia; Referendum; Europa
venerdì 26 giugno 2015
Forse siamo noi a non capire.
L’indagine di “mafia capitale” ha fatto capire che forse è meglio commettere dei crimini che denunciarli e ci spieghiamo.
Quando Marino è stato eletto Sindaco di Roma ha scoperto che chi lo aveva preceduto ne aveva fatte più di Bertoldo, sui giornali sono state pubblicate notizie di personaggi che andavano in Venezuela con le valigie piene di contanti, ma forse queste sono solo delle fantasie; gli appalti erano truccati e tutti prendevano tangenti.
Dalle intercettazioni telefoniche è emerso che i corruttori, poco prima delle nuove elezioni che hanno visto vincitore Marino, affermavano: se rimangono questi (giunta Alemanno) “diventeremo tutti milionari!”
Le stesse persone una volta eletto Marino sono stati intercettati telefonicamente mentre affermavano che “con questi nuovi che sono arrivati non si guadagnerà più un centesimo!”.
Più chiaro di così non si poteva essere: fin quando c’era la giunta di destra, i corruttori dovevano “oliare la mucca da mungere” dopo le elezioni la mucca non poteva essere più munta.
Ebbene, nonostante questo, chi si deve dimettere è il Sindaco Marino che ha tolto il coperchio dal pentole facendo emergere una situazione di corruzione assurda: è Marino che deve pagare per le corruzioni commesse da altri!
Personalmente ritengo che Marino faccia bene a tenere duro e non riesco a capire il comportamento del PD che, anziché “cavalcare”, come farebbe la destra, una simile situazione per indebolire gli avversari, chiede che Marino faccia un passo indietro!
Probabilmente l’onestà non paga più, l’intelligenza non esiste più, neppure quella politica.
Chi deve essere perseguito oggi passa per essere la vittima, mentre chi fino a prima delle elezioni di Marino si metteva in tasca mazzette di migliaia di euro, oggi è un Santo.
La situazione a Roma, con la elezione di Marino, sembra essersi risanata (anche se riteniamo sia difficile che il risanamento possa essere completo in quanto quando un cancro colpisce, qualche metastasi rimane sempre in giro, specie quando si tratta di una città grande e difficile come la Capitale).
Ci auguriamo che il buon senso prevalga e che chi ha commesso dei reati finisca in galera, mentre chi ha denunciato i colpevoli vengano premiati.
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Marino; Roma
mercoledì 24 giugno 2015
Ormai i valori si sono capovolti.
Sentire dire dal Presidente del Consiglio Tsipras che i creditori che chiedono la restituzione dei soldi che hanno prestato alla Grecia, sono dei “criminali” deve far meditare.
Tsipras dimentica che chi lo ha preceduto ha presentato bilanci falsi per ottenere i prestiti, facendo figurare che la Grecia era una nazione florida, mentre era al fallimento e si è salvata solo grazie ai soldi ricevuti dall’Europa.
Tsipras dimentica che i suoi concittadini godono di condizioni sociali di molto superiori a quelle della media dei cittadini per gli Stati che hanno prestato i soldi alla Grecia: in Grecia si va in pensione molto prima che in Italia, in Grecia quando nasce un bambino i genitori e i loro famigliari hanno diritto a lunghe vacanze per assistere il proprio figlio rispetto a quanto abbiano diritto i cittadini italiani o della comunità europea e l’elenco potrebbe essere molto lungo.
A questo punto si deve avere il coraggio di “buttare” fuori dall’Europa la Grecia facendole subire tutte le conseguenze, si deve richiedere la restituzione di tutti i soldi prestati e con gli interessi, senza dare più un centesimo: a questo punto Tzipras cosa farà?
Se il nuovo comunismo è questo allora vuol dire che siamo scesi molto in basso perché Tsipras definisce l’ultimo vero comunista!
Ma i comunisti che abbiamo conosciuto era persone che rispettavano i patti; sembra che i nuovi comunisti (sempre che sappiano che cosa sia il Comunismo!), non sappiano neppure quale sia il valore dei patti che sottoscrivono e che devono essere rispettati.
Se fosse stata la Grecia ad aver prestato dei soldi all’Italia, li vorrebbe indietro immediatamente, questo è certo.
Tsipras è nuovo fautore del principio “quello che è mio è ovviamente mio, ma quello che è tuo, è nostro!”.
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Grecia; comunismo; Tsipras
domenica 17 maggio 2015
Mastelloni: un errore credere nella cultura!
Questa è la frase pronunciata da Leopoldo Mastelloni, famoso cantante, attore, regista e showman che per anni ha calcato i palcoscenici d’Italia e d’Europa, dopo che si è accorto di non avere più un centesimo e di non riuscire a vivere con la pensione che, in forza dell’entità dei contributi versati, è di € 625,00 mensili.
La colpa, secondo Mastelloni, della sua attuale povertà è da attribuire al fatto che lui aveva creduto nella cultura.
Forse Mastelloni ha dimenticato che nel corso della sua vita ha incassato cachet molto alti, è stato pagato profumatamente tutte le volte che andava a fare una serata, ha percepito elevati emolumenti dalla Rai per le sue esibizioni.
Il problema è che, forse, tanto riceveva e molto di più spendeva, non risparmiando neppure un centesimo e, dato che la pensione è rapportata ai contributi versati, probabilmente questi sono stati bassi tanto che la pensione è minima.
Adesso salta fuori che la colpa è della cultura!
Se Mastelloni avesse messo da parte € 100,00 per ogni serata fatta, oggi sarebbe milionario.
Invece ha preferito godersi la vita grazie alla fortuna di essere un artista apprezzato, spendendo a tutto spiano, dimostrando di avere forse le così dette “mani bucate”.
Oggi, teoricamente chi invece durante la vita ha risparmiato, ha versato i giusti contributi per avere una pensione adeguata, dovrebbe autotassarsi per mantenere questo ex artista.
E’ proprio vero che il mondo sta cambiando in peggio.
Oggi chi è corretto passa dalla parte di chi ha torto, mentre chi non si è comportato correttamente diventa un martire.
Già lo avevano fatto altri artisti, per tutti ricordiamo Orietta Berti, Califano, famoso frequentatore di night club dove spendeva milioni di lire, quando queste ultime si usavano, ma quando ha cessato la propria attività, si è accorto di non avere risparmiato nulla e quindi di dover vivere con il minimo della pensione, cosa che fanno anche milioni di italiani.
E’ ora che qualcuno si facesse un profondo esame di coscienza e chi ha sperperato durante la vita deve avere almeno la dignità di riconoscere i propri errori e non di dare la colpa agli altri e di non minacciare il suicidio se non viene aiutato!
Se tutti gli italiani dovessero comportarsi come Mastelloni, Califano, la Berti, dove andremmo a finire?
Se quando si incassa 100 si spende 200, si può forse pretendere che altri paghino i debiti che si sono accumulati?
Si tratterebbe di una vera e propria assurdità.
Come assurdità è quella di pretendere che chi ha versato contributi per avere una pensione dignitosa, e dato che qualcuno ritiene che questa pensione sia troppo alta, se la vede ridotta a favore di chi invece non ha versato nulla per la sua pensione ma che, per un principio di solidarietà che sempre più non comprendiamo, deve contribuire al mantenimento di chi ha fatto la bella vita e ha speso in gozzoviglie tutti i soldi che guadagnava, soldi che invece dovevano servire per la propria vecchiaia.
sabato 16 maggio 2015
Mastelloni: un errore credere nella cultura!
Questa è la frase detta da Leopoldo Mastelloni, famoso cantante, attore, regista e showman che per anni ha calcato i palcoscenici d’Italia e d’Europa, dopo che si è accorto di non avere più un centesimo e di non riuscire a vivere con la pensione che, in forza dell’entità dei contributi versati, è di € 625,00 mensili.
La colpa, secondo Mastelloni, della sua attuale povertà è da attribuire al fatto che lui aveva creduto nella cultura.
Forse Mastelloni ha dimenticato che nel corso della sua vita ha incassato cachet molto alti, è stato pagato profumatamente tutte le volte che andava a fare una serata, ha percepito elevati emolumenti dalla Rai per le sue esibizioni.
Il problema è che, forse, tanto riceveva e molto di più spendeva, non risparmiando neppure un centesimo e, dato che la pensione è rapportata ai contributi versati, probabilmente questi sono stati bassi tanto che la pensione è minima.
Adesso salta fuori che la colpa è della cultura!
Se Mastelloni avesse messo da parte € 100,00 per ogni serata fatta, oggi sarebbe milionario.
Invece ha preferito godersi la vita grazie alla fortuna di essere un artista apprezzato, spendendo a tutto spiano, dimostrando di avere forse le così dette “mani bucate”.
Oggi, teoricamente chi invece durante la vita ha risparmiato, ha versato i giusti contributi per avere una pensione adeguata, dovrebbe autotassarsi per mantenere questo ex artista.
E’ proprio vero che il mondo sta cambiando in peggio.
Oggi chi è corretto passa dalla parte di chi ha torto, mentre chi non si è comportato correttamente diventa un martire.
Già lo avevano fatto altri artisti, per tutti ricordiamo Orietta Berti, Califano, famoso frequentatore di night club dove spendeva milioni di lire, quando queste ultime si usavano, ma quando ha cessato la propria attività, si è accorto di non avere risparmiato nulla e quindi di dover vivere con il minimo della pensione, cosa che fanno anche milioni di italiani.
E’ ora che qualcuno si facesse un profondo esame di coscienza e chi ha sperperato durante la vita deve avere almeno la dignità di riconoscere i propri errori e non di dare la colpa agli altri e di non minacciare il suicidio se non viene aiutato!
Se tutti gli italiani dovessero comportarsi come Mastelloni, Califano, la Berti, dove andremmo a finire?
Se quando si incassa 100 si spende 200, si può forse pretendere che altri paghino i debiti che si sono accumulati?
Si tratterebbe di una vera e propria assurdità.
Come assurdità è quella di pretendere che chi ha versato contributi per avere una pensione dignitosa, e dato che qualcuno ritiene che questa pensione sia troppo alta, se la vede ridotta a favore di chi invece non ha versato nulla per la sua pensione ma che, per un principio di solidarietà che sempre più non comprendiamo, deve contribuire al mantenimento di chi ha fatto la bella vita e ha speso in gozzoviglie tutti i soldi che guadagnava, soldi che invece dovevano servire per la propria vecchiaia.
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Mastelloni; Berti; Califano; Pensioni
lunedì 5 gennaio 2015
HANNO VINTO O PERSO GLI STATI UNITI?
Dopo aver letto la notizia che Cuba e gli USA hanno raggiunto un accordo che prevede il ravvicinamento dei due Stati con la eliminazione dell’embargo e di tutte le sanzioni economiche e non che gli Stati Uniti avevano posto in essere contro Cuba, Ferrero e i suoi Compagni di cordata, gia PDC PC RIFONDAZIONE Comunista,etc…ha affermato che “hanno perso gli Stati Uniti” che hanno dovuto riconoscere che quanto da anni dicevano contro il comunismo e Cuba era tutto falso.
Siamo rimasti esterefatti da simili affermazioni.
Sarebbe sufficiente per Ferrero andare a Cuba per rendersi conto che Cuba non è nient’altro che una dependance degli Stati Uniti: il dollaro è la moneta ufficiale, il consumismo è al massimo livello, ovviamente per chi fa la borsa nera, mentre quelli che erano poveri 50 anni fa lo sono ancora oggi.
Cuba vive in una crisi economica sull’orlo perenne della bancarotta e solo grazie ad un accordo di questo genere che elimina tutte le sanzioni economiche può pensare di sopravvivere e di risollevarsi.
Ma d’altra parte riconoscere i propri errori non è da tutti, Ferrero e compagni non hanno ancora capito che il ‘68 è finito da un bel po’ di anni, che all’epoca ha fatto un gran bene ma che oggi non ha ragion d’essere, così come il comunismo ha portato in molte parti del mondo un minimo di benessere che non sarebbe stato garantito dal capitalismo, ma che oggi non ha più ragion d’essere.
Vogliamo vedere fra 5 anni se veramente gli USA avranno perso la battaglia con Cuba?
Fra qualche anno l’Avana sarà piena di Mac Donald, di supermercati, di macchine splendenti, di catene di negozi dove si venderà di tutto e a quel punto Ferrero and Company dovranno riconoscere che oggi hanno vinto gli USA.
Quello che noi vorremmo affermare è che non devono vincere né gli USA né Cuba, ma devono vincere i cittadini che hanno il diritto di avere la possibilità di scegliere il proprio futuro, di abbracciare l’ideologia che vogliono, senza vedersela imporre e senza imporla agli altri.
Fidel Castro aveva salvato Cuba, che si era trasformata all’epoca dopo la famosa dittatura di Battista in un vero e proprio “bordello,” aveva permesso ai cubani di mangiare almeno una volta al giorno e di questo molti gli devono rendere merito, ma da qui ad arrivare ad affermare che il comunismo ha vinto, vuol dire proprio non aver capito nulla della storia.
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Cuba; Stati Uniti
mercoledì 24 dicembre 2014
I 15 peccati della Chiesa secondo Francesco
Inviamo in occasione del Santo Natale questo spendido articolo sull'ultimo discorso di Papa Francesco; ciascuno di noi potrà meditare in merito alle parole di questo Papa che starivoluzionando la Chiesa
di Vito Mancuso - la Repubblica 23 dicembre 2014
Viva il Papa e abbasso la Curia!, verrebbe spontaneo gridare dopo il magnifico e severo discorso che papa Francesco ha rivolto ieri ai responsabili della Curia romana.
Il discorso con un’analisi ammirevole e coraggiosa elenca ben quindici malattie che secondo il Papa aggrediscono l’organismo di potere vaticano, ma in realtà si tratta di un’analisi perfettamente estendibile a tutte le altre nomenclature, a tutte le corti che nel mondo si formano inevitabilmente attorno a chi detiene il potere.
Ieri il Papa si è rivolto alla Curia romana, ma le sue parole colpiscono praticamente tutti gli organi di potere dell’odierna società, dalla politica all’economia, dalle università ai tribunali, in
Italia e ovunque nel mondo.
Tra le malattie della mente e del cuore dei burocrati vaticani e non, il Papa pone al primo posto ciò che definisce (1) la “malattia del sentirsi immortale o indispensabile”, vale a dire l’identificazione del proprio sé con il potere.
Seguono (2) “la malattia dell’eccessiva operosità” e (3) “l’impietrimento mentale e spirituale”, intendendo con ciò l’atteggiamento di coloro che “perdono la vivacità e l’audacia e si nascondono sotto le carte diventando macchine di pratiche”. Le altre malattie del potere, elencate dal Papa spesso con termini colorati, sono:
(4) l’eccessiva pianificazione,
(5) il cattivo coordinamento che trasforma una squadra in “un’orchestra che produce chiasso”,
(6) “l’Alzheimer spirituale” che fa perdere la memoria dell’incontro con il Signore e consegna in balìa delle passioni,
(7) la rivalità e la vanagloria,
(8) la schizofrenia esistenziale che porta a vivere una doppia vita, di cui la seconda è all’insegna della dissolutezza,
(9) le chiacchiere e i pettegolezzi che arrivano a un vero e proprio
“terrorismo” delle parole,
(10) la divinizzazione dei capi in funzione del carrierismo,
(11) l’indifferenza verso i colleghi che priva della solidarietà e del calore umano e che anzi fa gioire delle difficoltà altrui,
(12) la faccia funerea di chi è duro e arrogante e non sa che cosa siano l’umorismo e l’autoironia,
(13) il desiderio di accumulare ricchezze,
(14) i circoli chiusi e infine
(15) l’esibizionismo.
Queste sono le numerose malattie che secondo il Papa aggrediscono la Curia romana e i suoi responsabili. Ma una domanda s’impone: è davvero così semplice separare il Pontefice dalla sua amministrazione?
La Curia romana è una creatura dei Papi, è l’espressione di ciò che per secoli è stato il Papato, governata dagli infallibili successori di Pietro dei quali tra l’altro quasi tutti coloro
che hanno regnato nel ‘900 sono stati proclamati santi o beati. Com’è quindi possibile il paradosso di papi così vicini a Dio e tuttavia incapaci di mettere ordine tra i più stretti collaboratori, scelti da
loro stessi? Come si concilia lo splendore dei pontefici canonizzati con una curia che dipende da
loro direttamente e che è così tanto malata?
La Curia romana non è piovuta in Vaticano dal cielo, né è stata messa lì da qualche potentato
straniero, ma è sorta quale logica emanazione della politica ecclesiastica papale che ha fatto del
Vaticano un centro di potere assoluto, e non un organo di servizio come vorrebbe oggi papa
Francesco. Se si vuole la coerenza del ragionamento, indispensabile alla coerenza della vita
giustamente tanto cara a papa Francesco, occorre concludere che i mali della Curia romana non
possono non essere esattamente i mali dello stesso potere pontificio.
Il papato per secoli ha concepito se stesso come potere assoluto senza spazio per una minima forma
di critica e meno che mai di opposizione, traducendo fisicamente questa impostazione in precisi
segni di spettacolare effetto quali il bacio della pantofola, la sedia gestatoria, e la tiara pontificia
detta anche triregno tempestata di pietre preziose. Chi lavorava in Curia respirava quotidianamente
quest’aria e non c’è nulla da meravigliarsi se poi, nella sua vita privata, tendesse a riprodurne la
logica circondandosi a sua volta di lusso e di potere. È stato così per secoli e, come fa intendere il
discorso di papa Francesco, è così ancora oggi. Emblematico è il caso del cardinal Bertone, per anni
a capo della Curia romana e ora autopremiatosi con un lussuoso superattico nel quale probabilmente
si aggira fiero contemplando i frutti di un fedele servizio alla logica del potere.
L’impietrimento mentale e spirituale denunciato da papa Francesco come malattia n. 3 non è altro
che la conseguenza di come nei secoli è stata interpretata la figura del successore di Pietro. Quindi
la riforma della curia non può che condurre a una riforma del papato. Avrà la forza papa Francesco
per intraprendere questa strada? La volontà, di sicuro, sì.
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